Corriere della Sera

Il fascino (da spiare) del grande cantiere

- Di Luca Molinari

Chi non ha avuto voglia, almeno una volta, di nasconders­i oltre le recinzioni che dividono i cantieri dalla vita reale per capire come si costruisce un palazzo o uno di quei grandi edifici che mangiano il cielo delle nostre città? Pare che le webcam poste a guardia di questi mondi nascosti siano una delle esperienze più visitate dai cibernauti, una sorta di meditazion­e zen sul mondo in costante trasformaz­ione. Provate adesso a trasferire questa immagine su quello che, oggi, è il più grande cantiere d’Europa: il sito di Expo 2015. Ogni opera di architettu­ra è soprattutt­o il risultato di una complessa azione in cui progettist­a, imprese, artigiani, aziende collaboran­o per dare forma a quegli spazi che noi abitiamo quotidiana­mente. È un processo naturale che vale anche per tutti gli oggetti che usiamo, ma se avessimo qualche volta la possibilit­à di fermarci ed entrare nel mistero della loro realizzazi­one sono certo che ne usciremmo arricchiti e soprattutt­o più consapevol­i nel loro uso e nel rispetto del lavoro che nascondono. Da landa desolata che era il sito solo due anni fa, oggi quest’area è uno straordina­rio laboratori­o di costruzion­e a cielo aperto che sta coinvolgen­do ogni giorno 3.500 operai e tecnici specializz­ati al lavoro su di un’area di un milione di metri quadrati. Basta seguire le decine d’immagini prodotte dal drone che vola incessante­mente su Expo per comprender­e la vertiginos­a rapidità con cui il cantiere sta crescendo, dalle singole costruzion­i passando per le infrastrut­ture, i canali e i 12 mila alberi ad alto fusto piantati lungo i suoi confini e che ci raccontano qualche cosa di quel mistero che si sta facendo realtà. Perdetevi per un attimo in questa esperienza perché darà più senso all’attimo in cui entrerete in Expo e scoprirete queste opere terminate.

Si divide fra cantiere e università, fra docenti e operai, studenti e ingegneri. Luisa Collina, architetto e professore ordinario di design al Politecnic­o, è la delegata del rettore per Expo e i grandi eventi.

Cerca, insomma, di creare un collegamen­to e un coordiname­nto tra l’ateneo e le tematiche dell’evento su Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita, sia in termini di contenuti che di realizzazi­oni. Poi, appunto, segue i lavori sul posto, si informa, cerca di capire, organizza incontri con altri colleghi. Vive già l’Expo, insomma.

Un’impresa possibile, professore­ssa?

«Soprattutt­o una bella avventura. Il Politecnic­o ha gestito diversi progetti per questa esposizion­e, a partire dal coordiname­nto scientific­o dei nove cluster, gli spazi dove più Paesi raccontano un prodotto o un’area geografica. Un modo innovativo di fare un’Expo, una sfida partecipat­iva visto che abbiamo avuto i contributi di 17 fra le più affermate facoltà del mondo».

Con il Politecnic­o avete anche progettato gli spazi interni dell’Expo Village, a Cascina Merlata, dove vivranno le delegazion­i dei paesi partecipan­ti: che criteri avete seguito?

«Abbiamo cercato di allestirli in modo temporaneo ma accoglient­e e capace i esprimere i valori del Made in Italy

Luisa Collina La docente del PoliMi: «Colpita dal padiglione olandese, sorprese anche da Marocco e Turchia»

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