La scommessa di un Trio giovane e capace
Raramente è sotto i riflettori o richiama folle oceaniche; è elettiva, aristocratica, e spesso contiene soluzioni formali e lessicali più coraggiose di quelle che si trovano nei pezzi destinati alla «ufficialità» dei teatri d’opera o delle vaste sale sinfoniche. La musica da camera è insomma uno splendido luogo riservato a cultori raffinati. Cultori come quegli illuminati che 150 anni fa diedero vita alla Società del Quartetto di Milano, istituzione tra le più gloriose della musica in Italia, che festeggia l’importante compleanno con una stagione bellissima. Perché è varia, aperta al barocco e al contemporaneo, e perché ospita anche giovani musicisti che meritano una scommessa, come il clarinettista Reto Bieri, il cellista Nicolas Altstaedt e il pianista Herbert Schuch (nella foto), protagonisti l’altra sera di una ottima esibizione.
Non formano un Trio stabile perché la letteratura non è infinita come quella per il Trio classico (con il violino al posto del clarinetto). Però riportano alla sua «verità» originaria un Trio come l’op.11 di Beethoven, stupendo nella sua imprevedibilità armonica, o riportano in vita la prima di quelle quattro pagine che il Brahms della maturità, a metà strada tra malinconica nostalgia del passato e intuizione del mondo che sarà, destinò al clarinetto. È il Trio op.114, cui seguiranno il Quintetto con clarinetto e le due Sonate per clarinetto e pianoforte.
Detto di un pezzo recente Jörg Widmann, niente di ché, più effetto che sostanza, i tre cameristi deliziano inoltre con i Sei Studi in forma canonica op.56 di Schumann. Vantano sensibilità, gusto, attitudine cameristica. Perciò i lunghi applausi sono meritati. Concerto di Reto Bieri, Nicolas Altstaedt, Herbert Schuch
NLa Russia di Putin ( Adelphi) e Cecenia. Il disonore russo (Fandango), Anna Politkovskaja accusa Putin di predisporre «giochi ideologici pericolosi». Il primo «porta il vecchio nome di razzismo»: nella politica di Putin «ceceni e caucasici in genere vengono perseguitati per strada, perché hanno la faccia sbagliata». Il secondo gioco si chiama anti-riconciliazione. «Dopo una guerra, ogni società si preoccupa della riconciliazione nazionale, è una questione di sopravvivenza».
In Russia la maggiore attività consiste invece nel diffondere propaganda sciovinista attraverso il controllo dei media. Il terzo gioco di Putin, per Politkovskaja, si chiama «diritto alla giustizia sommaria»: il ceceno fermato e sopravvissuto alle botte è inutile sporga denuncia: «nessuno punirà i colpevoli». La questione cecena, diversa da quella ucraina, è in un certo senso più complessa, ha radici antiche, etnia e religione (islamica) ne sono il fondamento. Come in tutte le guerre di tipo nazionalista è difficile (dal di fuori) prendere partito. Ma Anna Politkovskaja non aveva questo compito: non ne aveva altro che di raccontare i fatti. Come tacere delle torture che, con i soldi dei contribuenti, l’esercito russo e i ceceni con esso schierati, operavano nei confronti dei ceceni? Sappiamo come andò a finire.
Dopo un fallito avvelenamento e l’assassinio di una donna che le somigliava, Anna fu uccisa davanti all’ascensore di casa mentre tornava dalla spesa. Era l’ottobre del 2006. L’anno dopo Stefano Massini scrisse e mise in scena Donna non rieducabile, con due attori che, come spiega, erano impegnati a «dimenticare il contesto psicologico o l’habitat emozionale» di quanto andavano recitando. Il contrario di Ottavia Piccolo che, in forma di lettura scenica, « ricollegava i frammenti d’un monologo rivissuto quasi a posteriori dalla voce narrante della scomparsa». Ancora diversa l’interpretazione di Elena Arvigo all’Argot Intensa Elena Arvigo, 35 anni, in un momento dello spettacolo in cui interpreta Anna Politkovskaja di Roma. Ne parlo, del suo spettacolo, non tanto per l’interesse che suscita il testo di Massini, composto con la formula lirico-documentaria di Lehman Trilogy, e per il messaggio da tale testo trasmesso.
Ne parlo per lei, per Arvigo. Credo che sia la quinta o sesta volta che la vedo in scena. Mi aveva colpito in Psicosi 4.48 e in Maternity blues. Ma qui siamo