Intervenire subito non è vietato
Studi sugli effetti di un aumento delle tasse (ma anche la recente esperienza del Giappone) mostrano che un rialzo delle imposte indirette, cioè dell’Iva, produce i maggiori effetti recessivi, significativamente maggiori di un corrispondente aumento delle imposte dirette, ad esempio sulla ricchezza o sul reddito, che pure sono recessivi. Al contrario, tagli di spesa, soprattutto se aggrediscono voci come i sussidi alle imprese, gli acquisti delle amministrazioni, il monte salari dei dipendenti pubblici, ma anche la spesa per infrastrutture, influiscono solo marginalmente sulla crescita, talvolta persino la accelerano perché convincono famiglie e imprese che il governo ha imboccato l’unica strada che può condurre a una riduzione permanente della pressione fiscale. Insomma, è solo tagliando la spesa che le tasse potranno scendere stimolando la ripresa.
La ricetta è chiara: tagliare le spese, innanzitutto per evitare un aumento dell’Iva e poi per poter ridurre stabilmente le aliquote fiscali. Ma i tempi sono cruciali. È in atto una timida ripresa dell’attività economica, per ora sostenuta soprattutto dalla domanda di esportazioni grazie alla svalutazione dell’euro. Il momento per agire è oggi. Bisogna far sì che la ripresa si consolidi e per farlo non bastano le esportazioni. Dopo il cambiamento epocale intervenuto nel mercato del lavoro grazie al Jobs act occorre convincere famiglie e imprese che la pressione fiscale sul lavoro scenderà, non solo sui nuovi assunti, ma su tutti i lavoratori. E il solo modo per farlo credibilmente è tagliando la spesa (come si illustra ampiamente in queste pagine).
Purtroppo il presidente del Consiglio, che pure ha capito subito l’importanza del Jobs act, pare far fatica a convincersi che tagliare la spesa pubblica è altrettanto importante. Dopo non aver fatto praticamente nulla nella sua prima legge di Stabilità, Matteo Renzi ha recentemente riaperto il capitolo della spending review annunciando la nomina di due nuovi responsabili, il professor Roberto Perotti e l’onorevole Yoram Gutgeld. Ma senza fretta: a due settimane dall’annuncio, la nomina formale non è ancora arrivata. Ma soprattutto i tagli che i due nuovi commissari proporranno saranno inseriti nella prossima legge di Stabilità, cioè entreranno in vigore, se tutto va bene, fra un anno. Perché bisogna aspettare tanto? Perché non si può intervenire subito e cominciare a risparmiare già nella seconda metà di quest’anno? In alcune aree, come i sussidi alle imprese, i capitoli da aggredire e le norme da cancellare sono noti da anni. Basta farlo, 35 miliardi di tagli non sono pochi: più tardi si inizia, meno probabile è ottenerli.
Ridurre gli sprechi ed evitare la corruzione negli appalti pubblici è importante ma non basta se l’obiettivo è una riduzione della pressione fiscale di cui famiglie e imprese si accorgano. Occorre riflettere a fondo sul nostro sistema di welfare, che pur essendo costoso protegge poco e male i più deboli e regala invece servizi gratuiti, ad esempio nella sanità, a chi potrebbe pagarli. Anche qui non si tratta di partire da zero: basterebbe rileggere l’eccellente Rapporto della commissione presieduta da Paolo Onofri durante il primo governo Prodi, rimasta in un cassetto per quasi vent’anni.