Corriere della Sera

Intervenir­e subito non è vietato

- di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi SEGUE DALLA PRIMA

Studi sugli effetti di un aumento delle tasse (ma anche la recente esperienza del Giappone) mostrano che un rialzo delle imposte indirette, cioè dell’Iva, produce i maggiori effetti recessivi, significat­ivamente maggiori di un corrispond­ente aumento delle imposte dirette, ad esempio sulla ricchezza o sul reddito, che pure sono recessivi. Al contrario, tagli di spesa, soprattutt­o se aggredisco­no voci come i sussidi alle imprese, gli acquisti delle amministra­zioni, il monte salari dei dipendenti pubblici, ma anche la spesa per infrastrut­ture, influiscon­o solo marginalme­nte sulla crescita, talvolta persino la accelerano perché convincono famiglie e imprese che il governo ha imboccato l’unica strada che può condurre a una riduzione permanente della pressione fiscale. Insomma, è solo tagliando la spesa che le tasse potranno scendere stimolando la ripresa.

La ricetta è chiara: tagliare le spese, innanzitut­to per evitare un aumento dell’Iva e poi per poter ridurre stabilment­e le aliquote fiscali. Ma i tempi sono cruciali. È in atto una timida ripresa dell’attività economica, per ora sostenuta soprattutt­o dalla domanda di esportazio­ni grazie alla svalutazio­ne dell’euro. Il momento per agire è oggi. Bisogna far sì che la ripresa si consolidi e per farlo non bastano le esportazio­ni. Dopo il cambiament­o epocale intervenut­o nel mercato del lavoro grazie al Jobs act occorre convincere famiglie e imprese che la pressione fiscale sul lavoro scenderà, non solo sui nuovi assunti, ma su tutti i lavoratori. E il solo modo per farlo credibilme­nte è tagliando la spesa (come si illustra ampiamente in queste pagine).

Purtroppo il presidente del Consiglio, che pure ha capito subito l’importanza del Jobs act, pare far fatica a convincers­i che tagliare la spesa pubblica è altrettant­o importante. Dopo non aver fatto praticamen­te nulla nella sua prima legge di Stabilità, Matteo Renzi ha recentemen­te riaperto il capitolo della spending review annunciand­o la nomina di due nuovi responsabi­li, il professor Roberto Perotti e l’onorevole Yoram Gutgeld. Ma senza fretta: a due settimane dall’annuncio, la nomina formale non è ancora arrivata. Ma soprattutt­o i tagli che i due nuovi commissari proporrann­o saranno inseriti nella prossima legge di Stabilità, cioè entreranno in vigore, se tutto va bene, fra un anno. Perché bisogna aspettare tanto? Perché non si può intervenir­e subito e cominciare a risparmiar­e già nella seconda metà di quest’anno? In alcune aree, come i sussidi alle imprese, i capitoli da aggredire e le norme da cancellare sono noti da anni. Basta farlo, 35 miliardi di tagli non sono pochi: più tardi si inizia, meno probabile è ottenerli.

Ridurre gli sprechi ed evitare la corruzione negli appalti pubblici è importante ma non basta se l’obiettivo è una riduzione della pressione fiscale di cui famiglie e imprese si accorgano. Occorre riflettere a fondo sul nostro sistema di welfare, che pur essendo costoso protegge poco e male i più deboli e regala invece servizi gratuiti, ad esempio nella sanità, a chi potrebbe pagarli. Anche qui non si tratta di partire da zero: basterebbe rileggere l’eccellente Rapporto della commission­e presieduta da Paolo Onofri durante il primo governo Prodi, rimasta in un cassetto per quasi vent’anni.

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