Il puzzle del conflitto in cinque pezzi Dalle armi ai Paesi fiancheggiatori
WASHINGTON L’Onu media ma questo non impedisce ai contendenti di continuare un conflitto a doppia dimensione. La prima interna. La seconda regionale: la crisi accresce la destabilizzazione dei Paesi vicini, incide sullo strategico settore petrolifero, offre opportunità per gruppi terroristici sul fianco sud dell’Europa e quindi ai confini dell’Italia.
Quali sono le forze in campo in Libia?
A Est, in Cirenaica, domina il governo di Tobruk, riconosciuto dai Paesi occidentali. La sua forza principale è l’esercito guidato dal generale Khalifa Haftar. È alleato della milizia di Zintan sul Jbel Nafusa (Ovest). Lo schieramento si oppone al governo di Tripoli, che raccoglie la Fratellanza musulmana e gli islamisti del Gruppo libico combattente. Al loro fianco le ben organizzate brigate di Misurata.
C’è una presenza jihadista?
Nella parte orientale: Derna è il rifugio di formazioni vicine all’Isis, altre due sacche nella zona di Bengasi. Infine un nucleo a Sirte e attività nella zona sud. Ricevono aiuti via mare o grazie ai traffici dalla regione meridionale. Tripoli e Tobruk sono in lotta tra loro ma combattono i jihadisti. La catena di comando dello Stato Islamico è ancora tenue ma sta crescendo grazie all’arrivo di militanti dall’estero, tra questi non sono pochi i mujaheddin tunisini.
Cosa accade nel Fezzan?
La contesa ruota attorno alla base di Brak: la «Terza forza», brigata di Misurata contro i governativi di Tobruk. È una situazione di stallo. Se ci sposta più a sud emergono elementi di instabilità per l’azione dei clan Toubou e per il contrabbando cronico: passa di tutto, comprese le colonne di clandestini che poi arrivano in Italia a bordo dei barconi.
Sono coinvolti altri Paesi?
Egitto e Emirati sostengono Tobruk con denaro e armi: in alcune occasioni i loro caccia sono intervenuti sferrando dei raid. Turchia e Qatar invece appoggiano Tripoli. Legami nati all’epoca della rivolta contro Gheddafi e poi sviluppatisi nel corso di questi ultimi due anni. Lo Stato Islamico, a sua volta, punta a creare un avamposto sostenendo le ali estreme.
Quali sono gli arsenali?
I due campi dispongono del materiale saccheggiato negli arsenali del regime e di equipaggiamento acquistato più di recente o fornito dagli sponsor. Blindati, tank, artiglieria e le immancabili «tecniche», i pick up armati di mitragliatrici pesanti e lanciarazzi. L’Egitto ha «passato» dei Mig alla componente aerea di Haftar. Tripoli ha rimesso in linea dei vecchi caccia. Gli Usa avevano spedito fucili d’assalto e altre dotazioni per le forze speciali: molto però andato perduto. Come in tutti i conflitti della regione l’arma individuale è il Kalashnikov. Ampia la disponibilità di munizioni.