La figlia del leader musulmano «L’estremismo non avanzerà»
Yusra: la Tunisia resterà unita contro i terroristi
dai laici. Studi a Londra, radicamento in Tunisia, Yusra, 36 anni, tre sorelle e due fratelli, è la portavoce di Ennahda per l’estero. Tocca a lei parlare al grande mondo nei momenti più difficili.
Perché la Tunisia produce così tanti jihadisti? Si stima che potrebbero essere anche diecimila...
«La Tunisia ha una lunga storia di esportazione dei terroristi, come confermano le vicende in Iraq e in Afghanistan all’inizio degli anni Duemila. Un punto, quindi, mi sembra chiaro. Il radicalismo non è legato, non è nato con la Rivoluzione dei Gelsomini. Nei mesi successivi al gennaio 2011, lo Stato si è indebolito, i controlli di sicurezza si sono allentati. Per un certo periodo, ora non più, centinaia di moschee sono diventate la tribuna di predicatori violenti. Molti giovani si sono trasformati in estremisti, alcuni in terroristi. Quanti siano è difficile dire. Adesso la priorità è evitare che il loro numero cresca».
La convince l’idea che ci sia una relazione stretta tra emarginazione sociale e radicalismo religioso?
«Non è solo questo. Certo i più radicali sono soprattutto giovani, ragazzi disoccupati, spesso vengono da quartieri o villaggi poveri. Ma il radicalismo è anche il risultato di un lungo periodo di repressione culturale e religiosa, quella che abbiamo vissuto ai tempi della dittatura di Ben Alì. Per questo dobbiamo assolutamente continuare a costruire una Tunisia democratica e aperta».
Ennahda ha le credenziali per farlo? C’è chi vi accusa di prendere soldi dal Qatar, un Paese generoso con i movimenti dell’islamismo radicale.
«Allora, non riceviamo finanziamenti dal Qatar. I nostri fondi arrivano dalla sottoscrizione di quote da parte dei nostri militanti, che sono circa 80 mila. Dopodiché so bene che qualche politico tunisino ci accusa, in modo strumentale, di