L’incubo scissione in Forza Italia Derby di accuse tra Fitto e Toti
Il ribelle pugliese: «Suicida escluderci». Il consigliere dell’ex premier: «Basta martiri»
La contrapposizione totale, l’ennesima, va in onda in una mattinata romana di confronti a distanza. All’Auditorium Antonianum, San Giovanni, si riuniscono a convegno il gruppo dei fedelissimi di Berlusconi — Gasparri e Matteoli che hanno organizzato l’evento, Tajani, Toti con presenti centinaia di militanti soprattutto ex An — mentre al complesso Seraphicum, Eur, Fitto raduna i suoi Ricostruttori, un migliaio di persone a gremire la sala.
I toni non sono violenti, nè da una parte nè dall’altra. Ma la sostanza resta la stessa: concreti passi per la riconciliazione non li fa nessuno, e se si va avanti così la probabile evoluzione dello scontro che si trascina da mesi potrebbe essere davvero quella della scissione. Con Raffaele Fitto che non solo si presenta come candidato presidente in Puglia e sostiene liste civiche dei suoi in altre Regioni, ma apre anche un contenzioso a suon di carte bollate sull’«illegittimità» delle nomine e delle strutture di partito. Il tutto prima di dar vita a una sua formazione, che nascerebbe però solo dopo la tornata elettorale.
Già domani potrebbero partire le prime iniziative di contestazione, e in ogni caso in pochi giorni si arriverà al chiarimento. Perché Fitto ancora ieri ha ribadito la sua volontà di «restare nel mio partito», ma purché cessi il gioco che sarebbe «suicida e assurdo» dell’esclusione di tutti i suoi dalle liste. Gli replica Toti per assicurare che «non ci saranno epurazioni precostituite» nelle liste, ma anche per affondare il colpo: «Vedo troppi martiri che si sono autoproclamati tali prima di essere perseguitati».
L’oggetto del contendere è la legittimazione e il riconoscimento delle scelte del partito, a partire dal ruolo del contestatissimo (dai fittiani) coordinatore della Puglia Luigi Vitali, che ha aperto a chi si presenterà da lui a richiedere la candidatura, ma contestualmente ha proceduto a commissariamenti in vari comuni. Berlusconi pretende che si accettino le sue scelte e i suoi uomini, ma Fitto di andare a Canossa non pensa proprio, e vuole l’assicurazione che tutti i suoi (non solo in Puglia) vengano messi in lista subito, perché se rottura sarà ha bisogno di tempo per organizzare la sua candidatura.
La sensazione è che sia molto difficile arrivare a una mediazione, e che Berlusconi ritenga la partita pressoché chiusa. E se c’è chi si preoccupa — Gasparri teme la «strategia del salame, per cui taglia e taglia e alla fine si resta senza niente...» —, altri pensano che la chiarezza sia il bene maggiore da preservare. Discorso che vale anche per le alleanze. Mentre resta il gelo con la Lega, cresce tra i fedelissimi di Berlusconi la tentazione di farla finita con il tira e molla e presentarsi da soli in Veneto, per dare «identità e riconoscibilità» al partito. Se sia solo tattica o davvero la voglia di fare di FI una sorta di Forza Silvio agile, rinnovata, sgravata da apparati e senza ribelli e «vecchie facce», lo si capirà presto. Magari quando tornerà sulla scena (forse domenica prossima a Roma a una kermesse di Tajani) un Berlusconi che oggi ne viene tenuto lontano non solo perché preso da una remise en forme, ma perché ancora troppo furioso sul tema giustizia: se parlasse dell’unica «cosa che conta oggi» potrebbe danneggiare se stesso, temono i suoi, e non solo.