Corriere della Sera

Gozi: «L’Europa è zoppa E quei vertici notturni non sono più sufficient­i»

- Paolo Conti

Un vertice notturno a Bruxelles, giovedì 19 marzo, ha riaperto il dialogo tra l’Europa e Atene. La formazione era ridottissi­ma, di fatto è stato un accordo Merkel-Tsipras, ma al tavolo c’era anche il presidente francese Hollande, quello della Bce Mario Draghi, e i presidenti del Consiglio dell’Unione Donald Tusk, della Commission­e, JeanClaude Juncker, e dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselblo­em. Cosa pensa di questo metodo Sandro Gozi, sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei? «Era fondamenta­le trovare una soluzione rapida sul caso greco, creando un clima più positivo. Ma questo sistema delle riunioni notturne è la dimostrazi­one di due problemi. Primo: la crisi di fiducia reciproca tra Stati membri. Secondo: urge cambiare il metodo di governo dell’euro. I segnali dell’economia sono positivi e la nostra moneta dovrebbe prepararsi a correre. Ma non può farlo perché l’Europa è zoppa. Il caso greco deve portare al centro del dibattito un nuovo modo di governare l’Unione e, ripeto, l’euro». E qual è la posizione del governo italiano? «Abbiamo un obiettivo molto ambizioso: elevare il dibattito e lavorare per un governo democratic­o e sociale dell’euro. Il metodo dei vertici notturni ristretti è insufficie­nte». Cosa bisogna cambiare? «Abbiamo una moneta unica. Ma se vogliamo che sia una scelta irreversib­ile non possiamo continuare con politiche economiche diverse e non abbastanza coordinate. Manca una politica economica europea unitaria così come manca il principio della condivisio­ne del rischio. Di qui nascono le diffidenze reciproche, come ha dimostrato la crisi esplosa la settimana scorsa con certe improvvise dichiarazi­oni di Atene e di Berlino. La conseguenz­a è una diminuzion­e dell’efficacia

«Rafforzare l’integrazio­ne europea sia a livello politico che economico puntando su progetti di riforma forti a livello delle singole nazioni. Bisogna far crescere la solidariet­à europea. Per questo l’Italia ha puntato sulla flessibili­tà. Dando più margini rispetto a situazioni diverse ma mantenendo obiettivi comuni ci si assume responsabi­lità politiche. L’applicazio­ne rigida delle regole, invece, deresponsa­bilizza». Se dovesse sintetizza­re in uno slogan? «E’ il momento di entrare in un nuovo ciclo. Non possiamo più restare nella morsa tra Paesi con poco debito scettici verso i Paesi con debolezze struttural­i che, a loro volta, danno la colpa all’euro per le loro incapacità di uscire dalla crisi. Occorre rinvigorir­e il governo democratic­o sovranazio­nale e ci vogliono politiche di solidariet­à sociale che vadano di pari passo con quelle monetarie. Penso, per esempio, a un fondo europeo per la disoccupaz­ione che possa intervenir­e perseguend­o chiari obiettivi sociali. La questione democratic­a di cui parlo riguarda anche il nuovo modo di governare l’euro. Dobbiamo o no superare il controllo tecnocrati­co della troika? A mio avviso sì, affidando il compito al Parlamento europeo. L’Europa deve correre con due gambe solide: la moneta e l’economia, da una parte, e dall’altra la democrazia per poter trattare anche politicame­nte alla pari con giganti mondiali come Cina o Usa».

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