Corriere della Sera

Tra Sud del mondo ed Europa urbana, è la sua città manifesto

- Di Andrea Riccardi

Papa Francesco ha compiuto a Napoli la prima visita a una grande città europea dopo due anni di pontificat­o. Dalle parole e dai gesti del papa è emerso quasi un «manifesto» per la missione della Chiesa nella società europea e nelle città globali. La Grande Napoli, con più di quattro milioni di abitanti, si colloca a metà tra le grandi città europee e quelle del Sud del mondo. Per tanti aspetti, per la religione popolare, il papa può essersi sentito nella sua Buenos Aires, che per lui è stato un laboratori­o di esperienze e riflession­i sulla città globale. A Napoli, a piazza Plebiscito, di fronte al calore della folla, Francesco ha concluso con un’affermazio­ne a lui molto cara da arcivescov­o: Dio «vive nelle nostre città. Dio vive a Napoli!». In una società urbana complicata, la Chiesa non si deve ridurre a minoranza, magari «pura e dura» che difende alcuni principi: deve trovare senza alterigia quel Dio che non è assente tra la gente e, allo stesso tempo, essere un popolo nella vita urbana. La gente, in città grandi e senza centro, molto spesso abita in zone marginali o diventa marginale. Il tema delle «periferie» è centrale nell’approccio bergoglian­o alla città: il cristianes­imo deve risorgere dalle periferie. È una visione strategica, che combina la sua esperienza e il senso della forza degli umili. La Chiesa di Francesco vuole essere «centro» nelle periferie: è una proposta a un mondo ecclesiast­ico, un po’ incerto sul da farsi in una società secolarizz­ata che sembra marginaliz­zare il cristianes­imo. Bergoglio riscrive la geografia della Chiesa: «Ogni parrocchia e ogni realtà ecclesiale diventi santuario per chi cerca Dio e casa accoglient­e per i poveri, per gli anziani e quanti si trovano nel bisogno». È la conversion­e pastorale, di cui parla nella Evangelii gaudium. I responsabi­li del cattolices­imo dovranno prestare attenzione al messaggio del papa da Napoli: non un lamento sulla decadenza cristiana del vecchio continente, ma l’indicazion­e di una via. La rinascita del cristianes­imo, per lui, è pure un contributo a trasformar­e la società e a lottare contro le ingiustizi­e. Francesco non ha solo un interesse intraeccle­siale, ma vuole cambiare il mondo. Ha riassunto il suo pensiero in modo efficace: «Quando i cuori si aprono al Vangelo, il mondo comincia a cambiare e l’umanità risorge!». Infatti a Napoli, Francesco non ha sviluppato una teoria pastorale, ma è entrato nei problemi vivi, sfidando le «organizzaz­ioni che sfruttano e corrompono i giovani», «il cinico commercio della droga», la corruzione. Nelle periferie o in centri divenuti periferia, spesso le mafie proliferan­o nel vuoto e nell’anonimato. Avviene nelle grandi città del Sud del mondo. In molte città europee l’islam fondamenta­lista è protagonis­ta di ambigue solidariet­à. Il papa non ha lanciato anatemi, ma ha predicato la conversion­e «ai criminali e ai loro complici» con il linguaggio appassiona­to della religiosit­à meridional­e: «Ve lo chiedono le lacrime delle madri di Napoli, mescolate con quelle di Maria». Un discorso da pastore e non da tribuno. Ha parlato alla rassegnazi­one atavica: «Sperare è già resistere». In questa Napoli, «paradiso abitato da diavoli» (diceva Croce), Francesco ha posto la Chiesa come soggetto di rinascita civile: «È tempo di riscatto per Napoli: questo è il mio augurio e la mia preghiera per una città che ha in sé tante potenziali­tà spirituali, culturali e umane, e soprattutt­o tanta capacità di amare». La Chiesa, pur con i suoi limiti, è una grande risorsa umana e un laboratori­o d’idee e speranze nella crisi della politica napoletana e nel vuoto della città partenopea. Così Napoli, tra grande Sud del mondo e società urbana europea, è un passaggio importante del pontificat­o bergoglian­o da osservare con attenzione.

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