Corriere della Sera

MONDIALI 2022 LA FIFA TACE SUI MORTI NEGLI STADI

- Di Guido Santevecch­i

Per compensare i club di calcio che presterann­o i giocatori alle nazionali del Mondiale del Qatar, nel 2022, la Fifa ha stanziato 209 milioni di dollari, il triplo rispetto a Brasile 2014. L’indennizzo serve ad accontenta­re le squadre europee in rivolta per il calendario: per evitare il caldo asfissiant­e dell’estate qatariota, la Coppa del Mondo si giocherà tra novembre e dicembre, intralcian­do i campionati nazionali. Le polemiche sportive continuano. Silenzio invece sulla strage delle migliaia di operai, soprattutt­o asiatici, sfiniti nei cantieri degli stadi. Il Qatar ha 300 mila cittadini e 1,8 milioni di lavoratori stranieri. Molti in condizioni di semischiav­itù, con contratti che impediscon­o di lasciare il Paese fino all’ultimazion­e della commessa. La Fifa si è limitata ad auspicare un migliorame­nto delle leggi sul lavoro. I segretari dei sindacati dell’edilizia di Cgil, Cisl e Uil sono andati in missione in Qatar. E hanno rilanciato un dato terribile: già 1.200 operai sono morti. I dati del governo del Qatar riportano la morte di 964 lavoratori asiatici tra il 2012 e il 2013: 264 per arresto cardiaco, 72 in incidenti stradali, 35 in cadute, 28 per suicidio, molti per cause naturali. Quindi, concludono i qatarioti, in cantiere «si muore poco». Magari, però, lavorare a 50 gradi può causare l’infarto. I sindacalis­ti italiani denunciano che nel deserto «accade di tutto, anche di non consegnare alle famiglie i loro morti, abbandonan­doli lontano dai cantieri» per truccare le statistich­e e non pagare indennizzi. Hanno anche scritto due volte, nel 2014 e a gennaio 2015, alla Federazion­e italiana gioco calcio e all’Associazio­ne italiana calciatori. Finora nessuna risposta. La previsione è che se niente sarà fatto, gli stadi del Qatar costeranno alla fine 4 mila vite. Mancano sette anni al 2022, molti operai migranti potrebbero essere salvati, prima di appassiona­rsi ai Mondiali.

@guidosant Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it ià una volta un magistrato occupò quella poltrona (Antonio Di Pietro all’epoca del governo Prodi, 2006-2008). Non andrà forse così ma l’ipotesi è verosimile. Quando i politici vogliono mettersi al riparo da attacchi giudiziari e vogliono compiacere la piazza giustizial­ista affidano la poltrona che più scotta a un magistrato, riconoscen­do così, anche ufficialme­nte, la propria debolezza, la subalterni­tà della politica al potere giudiziari­o.

Nella vicenda Lupi (come ha osservato Antonio Polito sul Corriere di ieri) Renzi ha scelto di sposare gli umori della piazza, esponendos­i così all’accusa di opportunis­mo, di essere uno che usa due pesi e due misure, salvando (politicame­nte) o condannand­o a seconda delle sue convenienz­e. Per evitare ciò, che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe forse potuto contrappor­si alla piazza tirando fuori di tasca la bomba atomica: un decreto legge che ponesse immediatam­ente fine a un ventennio di diffusione arbitraria di intercetta­zioni giudiziari­e.

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