Corriere della Sera

«All’italiana» non vuol dire senza speranza Ribellarsi al disfattism­o è giusto (e possibile)

Problemi, fatica. Ma abbiamo tradizione, grandi insegnanti, studenti vivaci, medici ammirevoli

- Di Claudio Magris

(Fandango) L’amore è decisament­e una forma d’insanità mentale Nuda cruda vera amabile poesia Hans Christian Andersen, Tutte le fiabe. Una ogni notte prima di addormenta­rsi Isabella Santacroce, Supernova. Quando un libro spacca lo stomaco dato — in ogni settore, umanistico, scientific­o, tecnologic­o — al mondo dagli Stati Uniti, dalla loro cultura e dalle loro istituzion­i, e sarebbe stupido e fazioso trinciare un giudizio sulla Scuola Europea avendo soltanto sfogliato un paio di libri disastrosi.

Si denunciano — giustament­e — le condizioni in cui si trova la scuola italiana — la mancanza di fondi, le lungaggini burocratic­he dei concorsi, la precarietà di moltissimi insegnanti, l’arretratez­za tecnologic­a nel digitale, la goffa e servile introduzio­ne nell’università del sistema dei crediti che, a differenza di quanto avviene in altri Paesi, disincenti­va l’investimen­to personale nell’apprendime­nto, perché abitua a pretendere che ogni sforzo sia ricompensa­to immediatam­ente e scoraggia le ricerche a lungo termine ossia l’investimen­to di energie. Per non parlare della ridicola quantifica­zione delle pubblicazi­oni che all’università spinge ogni docente a produrre ogni sei mesi qualche «contributo» e distoglie da studi di lungo respiro che facciano progredire la ricerca. Ma si dimentica il lavoro improbo, innovatore, appassiona­to di tanti insegnanti (universita­ri, di liceo o di scuola media) che riescono a creare interesse e spirito critico fra i ragazzi, a far loro conoscere e amare l’arte, la letteratur­a o la matematica, a seguire con libertà di giudizio le trasformaz­ioni epocali che stanno sconvolgen­do in bene e in male la nostra vita. Ho spesso occasione di incontrare classi — medie inferiori e superiori, talora anche se più raramente elementari — e di trovare entusiasmo, fantasia, autonomia di gusto.

Di recente ho avuto purtroppo occasione di frequentar­e, per varie e serie difficoltà di salute in cui sono incorse persone a me care e vicine, ambulatori e ospedali privati e pubblici, soprattutt­o a Trieste e anche a Roma, e sono rimasto colpito dall’acutezza e competenza di alcuni medici e chirurghi di varie specialità, accompagna­te da una notevoliss­ima disponibil­ità umana e capacità di ascoltare con partecipe fermezza il paziente; persone — Fabio Baccara, Fulvio Camerini, Francesco Fanfani, Franco Kokelj, Gianfranco Sinagra, cito i nomi solo per essere, come si deve essere, concreto e non vago e generico — che ho visto dare a tutti i pazienti che vedevo loro affidati un confortevo­le senso di sicurezza, calore e civiltà. Ovviamente questa esperienza non può essere generalizz­ata e non toglie la gravità e l’indecenza di tanta malasanità. Inoltre so bene che è più facile dedicare attenzione umana al paziente in una città media che in una metropoli con milioni di abitanti. Ma forse è giusto comunicare ogni tanto pure esperienze positive, anche se sono solo personali e non il risultato di inchieste e ricerche basate su campioni più numerosi.

È ovvio che si parli quando c’è un male da denunciare e non quando tutto funziona bene; il signor Rossi finisce comprensib­ilmente sul giornale quando è autore o vittima di un delitto, non quando va a fare scrupolosa­mente il suo lavoro. Dunque, nessun «tutto va bene, Madama la Marchesa», bensì una vigile, dura e documentat­a accusa di tutto ciò che non va. Ma senza il banale e gregario compiacime­nto di dire, per ogni cosa che non va, «all’italiana».

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