Corriere della Sera

OTTOCENTO A DUE FACCE TRA SCUGNIZZI E SCORCI DI BORGHESIA «MA IL PAESE POVERO SEPPE SFIDARE L’EUROPA»

Alla GAM Manzoni di Milano una mostra sulle tendenze dell’arte italiana. Lo Giorgio Bigatti legge i dipinti in chiave socio-culturale: gli l’analfabeti­smo e la geografia del lavoro stagionale BALIE,

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Tra l’Italia e il resto del continente c’erano molti rapporti commercial­i e la Lombardia era in testa con filati e tessuti

Non a caso il quadro di Induno è commission­ato da Francesco Turati, uno dei principali industrial­i tessili del secondo Ottocento italiano.

«Un filo di seta lungo e robusto — dice Bigatti — univa il Nord Italia al resto d’Europa, ma non solo. Guardi quel Segantini» dice indicando l’Alpe di maggio, un olio che, proprio perché in mano a collezioni­sti privati, difficilme­nte si vede in qualche mostra. « La dura montagna che qui il pittore trasforma in poesia era una grande risorsa per le città, all’epoca via via più grandi. Intere generazion­i di lavoratori si spostavano stagionalm­ente. I “bergamini”, i mandriani stagionali, erano una tradizione radicata. E tale economia ”a tempo” univa posti lontani. A Pegli sopravvive il culto di Santa Rosalia: tra Genova e Palermo c’erano intensi scambi di manodopera».

Più avanti, un largo dipinto con un mare limpido e alcune signorine che prendono il sole nude in mezzo a ragazzini poveri. «È del napoletano Eduardo Dalbono — spiega Francesco Luigi Maspes, uno dei curatori — ed è tra i frutti della coldi lezione voluta dal famoso mercante Goupil». Ma come, ci si chiede, a quell’epoca il turismo non era prerogativ­a dei ricchi inglesi e tedeschi? «Certo — chiosa l’economista —. Al massimo di qualche facoltoso italiano. Questa deve essere una mitizzazio­ne». Scavando si capisce come l’arte aveva all’epoca anche il compito di trasfigura­re una realtà a tratti troppo dura: la coquetteri­e del dipinto si deve a una interpre- tazione libera (e forse a uso e consumo dei ricchi mercanti del Nord) delle Sirene: si intitola infatti Sirene Moderne.

Si sorride davanti a un quadro di Ettore Tito (a Venezia una ragazza ben vestita passa seguita da sguardi maschili senza sapere che la tela avrà per titolo La fa la modela); ci si incanta davanti a una piccola Passeggiat­a mattutina di Giovanni Boldini, ma poi si viene attratti da una giovane ragazza

Legami

A destra, «La lettera» di Federico Zandomeneg­hi (1885-1890). In basso, Giacomo Bigatti (60 anni) docente di Storia Economica alla Bocconi ( colta nell’intimità dello scrivere una lettera. Certamente una di buona famiglia, perché, come dice Bigatti « all’epoca l’istruzione era per pochi. Però anche qui c’erano due facce. C’era la Lombardia delle grandi case editrici, come Sonzogno, che attirava intellettu­ali da tutta Europa e c’erano le zone poverissim­e. Città come Napoli, inoltre, erano colte e floride».

Se si esce e si approfitta per visitare le Gallerie Maspes con la mostra Pittura lombarda dell’800. Da Faruffini a Morbelli, non si perda il bellissimo Distendend­o panni al sole di Morbelli. Mentre di fronte, da Botteganti­ca, la rassegna Dalla Scapigliat­ura al Divisionis­mo rende omaggio a Emilio Longoni (1859-1932), l’artista che voleva diventare famoso come Segantini ma non ci riuscì. Il dipinto qui esposto, La voce del ruscello, ha uno sfondo blu fatto con lapislazzu­li triturati: pur essendo povero, Longoni nell’arte ci credeva e si indebitò per trovare il materiale. Anche questo è stato l’Ottocento italiano.

Le poetiche Alpi di Segantini ci ricordano che la dura montagna era molto importante per la città: forniva i lavoratori «a tempo» Con la sua editoria di qualità, Milano attraeva molti intellettu­ali, Napoli non era da meno per la vivacità culturale

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