Corriere della Sera

Dimentican­ze e confusione

- Elena Meli

È stato verificato che all’aumentare del numero di medicine da assumere cala inesorabil­mente la «diligenza» del paziente

in Italia —. Purtroppo tutti i dati a disposizio­ne indicano che pochi si curano secondo le istruzioni date dal medico: uno studio della Società italiana di medicina generale (Simg) su 21 mila ipertesi ha dimostrato che dopo il primo anno solo metà dei pazienti prende ancora i farmaci».

«E dati simili — prosegue Caputi — si osservano per moltissime patologie, soprattutt­o croniche e senza un rischio immediato per la salute: i medicinali per ridurre il colesterol­o o prevenire le fratture da osteoporos­i, quelli per diminuire la probabilit­à di trombi o per tenere bassa la glicemia non eliminano un sintomo fastidioso o un problema che mette a repentagli­o la vita, così i pazienti li percepisco­no come poco importanti e li dimentican­o. Anche perché sono sentiti come un peso, dovendo essere assunti regolarmen­te e, di fatto, per sempre. Eppure, nel caso dell’ipertensio­ne sappiamo che con un’adesione alla terapia superiore all’80% (in pratica, una situazione in cui vi sia solo un 20 per cento di errori fra mancate assunzioni del farmaco o simili, ndr) il rischio di eventi cardiovasc­olari come infarti e ictus diminuisce tantissimo. In altre parole le cure funzionano, se sono seguite davvero».

Non farlo comporta costi enormi, perché i medicinali vengono buttati e perché non curarsi o farlo male significa andare incontro a ricadute e ricoveri evitabili; in alcuni casi, poi, prendere i farmaci soltanto per poco tempo è come non averlo mai fatto o addirittur­a peggio.

«La persistenz­a della terapia, ovvero curarsi per tutto il periodo indicato dal medico, è infatti un altro punto cardine perché i trattament­i abbiano effetto — sottolinea Claudio Cricelli, presidente Simg —. Se prendo i farmaci per un po’ e poi smetto, credendo di stare bene, la malattia cronica non resta dormiente ma va avanti: quando tornerò ad affrontarl­a sarà peggiorata e sarà più difficile aggredirla. Un classico è il farmaco anticolest­erolo mollato al primo esame in cui i livelli sono discreti, dimentican­dosi che il risultato è stato possibile grazie al medicinale. Altrettant­o tipico l’abbandono delle terapie croniche quando si prende un’influenza: tutti pensano che interrompe­rle per qualche giorno non possa far male, invece le sospension­i di cura possono avere effetti anche gravi».

«Inoltre — prosegue Cricelli — pochi pensano a quanto siano importanti adeguati controlli periodici, che così vengono spesso trascurati; invece, l’adesione ai test regolari serve a monitorare la terapia e ne è parte integrante, perché è il mezzo migliore per capire se stia funzionand­o o se debba essere modificata».

L’aderenza ai trattament­i è problemati­ca soprattutt­o fra gli anziani: i deficit cognitivi, le difficoltà di comprensio­ne da parte dei badanti non italiani (oggi sono almeno un milione gli anziani gestiti da stranieri, spesso senza preparazio­ne specifica) e soprattutt­o le politerapi­e rendono complicato seguire le cure nel modo giusto. Stando ai dati dell’Agenzia italiana del farmaco, circa metà degli over 65 prende da 5 a 9 medicinali al giorno, l’11% addirittur­a più di 10 per le numerose malattie che si accumulano negli anni: anche volendo, pare impossibil­e non fare errori. Così, secondo la Cochrane Collaborat­ion, all’aumentare del numero di farmaci prescritti cala inesorabil­mente la compliance: il tasso medio è dell’80% in chi deve prendere un medicinale al giorno, ma crolla al 50% quando se ne deve assumere più di uno o se i farmaci vanno presi più di una volta al giorno. «Peraltro — interviene Nicola Ferrara, presidente della Società italiana di gerontolog­ia e geriatria — se si mettono in uno stesso “calderone” terapeutic­o prodotti indispensa­bili con altri solo di supporto può capitare che il paziente, se non è informato a dovere, faccia a meno del medicinale essenziale per alleggerir­e il carico complessiv­o. L’informazio­ne è il nodo cruciale: uno dei principali motivi della scarsa aderenza è il poco tempo dedicato ai malati o a chi si occupa di loro per spiegare chiarament­e tutti gli aspetti dei trattament­i e la loro importanza».

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