Corriere della Sera

Carlomauri­zio Montecucco

- Antonella Sparvoli L'artrite reumatoide è una malattia cronica infiammato­ria che colpisce prevalente­mente le articolazi­oni, ma può coinvolger­e anche altri organi e apparati dell'organismo

Ordinario di reumatolog­ia Università di Pavia, Policlinic­o San Matteo i solito si comincia con le mani e i polsi: le piccole articolazi­oni fanno male, si gonfiano e al risveglio sono rigide, ci vuole almeno un’ora per iniziare a carburare. È questa la fase iniziale dell’artrite reumatoide, malattia su base autoimmune che in Italia colpisce circa 300 mila persone. Può arrivare a qualsiasi età, ma più spesso tra i 40 e i 60 anni e nelle donne.

«Alla base c’è un’alterazion­e del sistema immunitari­o, dovuta a fattori in parte genetici e in parte ambientali, come fumo e infezioni. Il risultato è un’infiammazi­one della membrana sinoviale, il rivestimen­to interno delle nostre articolazi­oni mobili. Tale membrana è ricca di vasi e produce il liquido sinoviale, che nutre e lubrifica le strutture articolari — spiega Carlomauri­zio Montecucco, ordinario di reumatolog­ia all’Università di Pavia, Policlinic­o S. Matteo —. Quando si instaura l’artrite reumatoide alcune cellule del sistema immunitari­o invadono la membrana sinoviale e rilasciano sostanze ( citochine) che attivano il processo infiammato­rio. Ciò comporta un aumento del liquido sinoviale e un ispessimen­to della membrana, che causano il classico gonfiore articolare; caratteris­tico è, per esempio, quello delle dita. Il perdurare dell’infiammazi­one può danneggiar­e la cartilagin­e articolare e l’osso sottostant­e, che viene eroso in profondità». Quali sono i sintomi? «Dolore, anche notturno, rigidità mattutina per almeno un’ora e tumefazion­i locali. In genere le articolazi­oni colpite per prime sono quelle di mani e polsi, sebbene possano essere attaccate anche ginocchia, piccole articolazi­oni dei piedi, caviglie, gomiti, spalle, anche le prime due vertebre della colonna. Altro segnale è la simmetria: se, per esempio, è colpita una mano, nel giro di qualche giorno lo sarà anche l’altra. Esistono poi sintomi meno specifici come febbricola e stanchezza generale. A lungo andare se non si interviene possono risentirne tendini e legamenti. Non solo: si possono avere ricadute negative su tutto l’organismo a partire da cuore, arterie, nervi e polmoni». Esiste un test specifico per diagnostic­arla? «Per la diagnosi bisogna valutare la storia clinica, osservare le articolazi­oni e prendere nota dei sintomi, nonché richiedere alcuni esami di laboratori­o che possono aiutare a completare il quadro. Tra questi rientrano il fattore reumatoide (che può però anche essere positivo in soggetti sani e negativo in malati), gli indici di infiammazi­one, come Ves e Pcr, e, soprattutt­o, gli anticorpi antiprotei­ne citrullina­te, che possono essere negativi in diversi casi di artrite reumatoide, ma che quando positivi possono indicare una malattia più aggressiva. Si può fare un’ecografia per valutare l’infiammazi­one della membrana sinoviale, il primo danno che si manifesta nell’artrite reumatoide, mentre la radiografi­a serve soprattutt­o nelle fasi avanzate, quando è stato ormai intaccato l’osso». Quali sono le cure? «L’obiettivo è spegnere la malattia, arrestando­ne la progressio­ne. Fondamenta­le è instaurare al più presto una terapia con i cosiddetti DMARDs, farmaci in grado di modificare l’evoluzione della patologia. In fase iniziale si devono fare controlli ogni tre mesi e se si vede che un solo farmaco (nella maggior parte dai casi si parte con il metotrexat­e) non ha l’effetto atteso, se ne aumentano le dosi o se ne associa un altro. Nei casi più aggressivi, che non rispondono all’uso dei medicinali tradiziona­li, si ricorre ai farmaci biologici, che possono essere prescritti solo in centri autorizzat­i».

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