Corriere della Sera

IL FOTOREPORT­AGE IMMAGINI DA ALTRI MONDI

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Carcerieri e aguzzini di ogni dove tolgono le scarpe ai prigionier­i, per non farli fuggire. Nei luoghi di guerra, chi teme di saltare su qualche ordigno spesso nasconde un biglietto con i propri dati anagrafici fra piedi e suola, perché è dimostrato che le estremità inferiori e le calzature sopravvivo­no alle esplosioni. Le scarpe, per chi ha la fortuna di avercele (e non è scontato: chiedere ai bambini del Sud Sudan per conferma), portano i segni del nostro cammino. Miguel Lupiz, infermiere di Medici senza frontiere (Msf) che vive a Lucca, manda questo selfie dal Centrafric­a (foto a sinistra). E spiega: «Spostament­i continui, pioggia e fango, sole e polvere, trasporto di malati, feriti e medicinali, giorno dopo giorno. Queste sono le scarpe che mi hanno seguito fin dal primo momento di missione. Adrien, che lavora a Farazala, mi ha chiesto di lasciargli­ele prima di partire. Sarà un piacere: sento che ormai appartengo­no a questi luoghi».

Regalate, conservate, sfasciate: le scarpe sono il simbolo dell’ultima campagna di Msf, presentata oggi alle 11 presso il Teatro Centrale di Roma (e sul sito www.milionidip­assi.it). È dedicata alle persone che a questo mondo sono in fuga. E che hanno bisogno di tutto per sopravvive­re: cibo, medicine, vestiti, affetto. Persone che scappano, e persone che aspettano i fuggiaschi lungo il cammino, per un aiuto. Sul sito di Msf ci sono le storie (e le calzature) di molti cooperanti. Il Corriere ne propone alcune, in anteprima. Il senso di tutto questo sta forse nell’indovinell­o di Matilde (in basso a sinistra). Siamo un po’ tutti sulla stessa barca. Nella stessa scarpa.

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