«Cause civili al computer? Si perde tempo» Napoli, giudice motiva un rinvio al 2016 con i disservizi del processo telematico «Questo sistema digitale invece di semplificare il lavoro lo sta rallentando»
Il «processo civile telematico»? Funziona talmente male e a singhiozzo che, invece di far guadagnare tempo, lo fa perdere, perciò sono costretta a rinviare la causa di un anno. Firmato: una giudice del Tribunale civile di Napoli. Bizzarria di un magistrato lazzarone? No, ordinanza di una giudice che ha dimezzato l’arretrato di cause trovate e che era una delle più aperte alla novità del Pctprocesso civile telematico, ormai obbligatorio per legge. E così il caso di Napoli – come già un’ordinanza a Milano, subito revocata perché aveva irrazionalmente accollato a un avvocato 5.000 euro di sanzione per non aver portato ai giudici a titolo di cortesia una copia cartacea degli atti telematici – segnala da un lato come i disservizi del Pct, quotidiani ma non percepiti fuori dai tribunali, stiano portando sull’orlo di una crisi di nervi parte dei magistrati; e dall’altro lato come tra le toghe si faccia fatica a gestire il cambio di mentalità imposto dal cambio di tecnologia.
Nella sua ordinanza del 20 marzo la giudice premette che «l’ingresso del Pct sta provocando un rallentamento del lavoro di questo giudice essendo evidente che la preparazione dell’udienza, la lettura delle memorie caricate ogni giorno sulla consolle (di lunghezza spesso eccessiva e contenenti il più delle volte allegati indicati solo numericamente o istanze non portate singolarmente all’attenzione del magistrato), l’aumento considerevole dei decreti ingiuntivi in materia contrattuale, per non parlare di tutte le problematiche che di volta in volta occorre risolvere con gli avvocati e la cancelleria stante la frequente criticità del sistema, si traducono in un aggravio di lavoro che rende impossibile il rispetto del programma di smaltimento delle cause precedentemente fissato».
E allora, «in attesa dell’adozione di più pertinenti modalità di conduzione dell’attività, quali ad esempio la fissazione di un numero di pagine entro cui contenere le memorie», la giudice «al fine di rispettare i termini di deposito di tutte le sentenze» ritiene «necessario rimettere sul ruolo le cause in primo grado iscritte a ruolo dopo il 30 giugno 2012 e gli appelli dopo l’1 gennaio 2013». Col risultato che la causa in questione, iscritta a ruolo il 12 febbraio 2013, è rinviata «per precisazione delle conclusioni al 14 marzo 2016».
Quando la notizia si diffonde tra gli avvocati, giudici di mezza Italia criticano la collega (anche aspramente) nei vari gruppi di confronto sul Pct. Ma chi conosce Rosa Romano Cesareo avverte che, in una sezione dove ogni anno arrivano a ciascuna toga 350 nuovi fascicoli, la giudice è stata capace di ridurre l’arretrato da quasi 1.000 cause a meno di 400. Ai colleghi lei lamenta solo che si siano «scandalizzati a una lettura superficiale » dell’ordinanza: «Con entusiasmo ho accolto l’avvio del Pct, la cui portata innovativa e rivoluzionaria è innegabile», ma «ciò non mi impedisce di evidenziare che purtroppo la criticità del sistema, evidente agli occhi di molti operatori, allo stato attuale sta rallentando la mia produttività, imponendomi una nuova riorganizzazione del lavoro».
Disservizi, instabilità del sistema e carenza di assistenza stanno accendendo una sorta di lotta di classe dentro la magistratura. Da un lato chi lavora con il Pct e, in attesa di sperimentarne i vantaggi, ne assaggia la più farraginosa gestione; dall’altro chi declama il Pct, ne valorizza i promettenti numeri (1 milione e 582.000 atti telematici depositati dai magistrati al 31 dicembre 2014, con 44 milioni di euro di risparmio stimato con la consegna per via non cartacea ma digitale di 12,6 milioni di comunicazioni) e però incorre nelle ire di chi dietro l’entusiasmo acritico coglie la ricerca del propellente di future carriere.
Ma c’è anche chi, tra le toghe, addita la necessità di non rinchiudersi in un pregiudiziale scetticismo e di sforzarsi di dare sostegno alle novità anche se all’inizio costa alle abitudini dei magistrati. Di certo il Pct, per dare vantaggi, assorbe non meno ma più lavoro; e addossa al giudice (rileva ad esempio Antonio Lepre nel libro «Analisi della giustizia civile. Un’idea di riforma») compiti esecutivi e amministrativi, essendo dunque destinato a funzionare solo quando a supportare il giudice funzionerà (non solo sulla carta) un reale «ufficio del giudice».
Che cos’è
Il processo civile telematico è stato introdotto dalla legge di Stabilità 2013, che ha previsto che a partire dal 30 giugno 2014 tutti gli atti e documenti siano elaborati e trasmessi digitalmente
In teoria dovrebbe definire e disciplinare le modalità con cui i documenti giudiziari in formato elettronico sono prodotti, depositati, notificati, consultati e utilizzati da giudici, avvocati e personale di cancelleria e ufficiali giudiziari