Corriere della Sera

LA FEROCE LOTTA DI POTERE CHE ALLONTANA TURCHIA E UE

- Antonio Ferrari

Già la scorsa estate, nonostante la vittoria alle presidenzi­ali, l’immagine del neoeletto Recep Tayyip Erdogan appariva appannata: sempre più arrogante e divisiva. Non solo all’esterno, con un Paese sempre più lontano dall’Ue e fragile come pivot regionale, ma persino nel cuore del suo partito islamico-moderato Akp. Che ora è davvero sfibrato da una feroce lotta per il potere.

Da una parte il sultano Erdogan, che alle Politiche del prossimo 7 giugno vorrebbe per il suo Akp i seggi parlamenta­ri necessari (i due terzi dell’Assemblea, 400 su 550) per poter varare la repubblica presidenzi­ale, garantendo­gli poteri assoluti. Dall’altra il suo ex delfino, e oggi primo ministro Ahmet Davutoglu, sempre più irritato dalla volontà di predominio politico del capo assoluto, che invece dovrebbe essere super partes. In realtà, sembra dire Davutoglu, il capo del governo sono io, il leader del partito sono io, la linea la decido io, e io compilo le liste dei candidati alle elezioni.

Per qualche mese, fino all’inizio del 2015, « pompieri » e «pontieri» dell’Akp, nel nome della stabilità e del comune interesse, avevano cercato di sminuire l’ormai evidente dissidio interno al partito. Cercando di silenziare le polemiche sugli eccessi di Erdogan, che ha preteso di condurre spesso le riunioni di governo. Adesso, uno degli argomenti più forti del contenzios­o con Davutoglu è la delicata decisione del premier di avviare trattative con la minoranza curda, accogliend­o l’appello alla tregua del leader guerriglie­ro del Pkk Abdullah Ocalan, prigionier­o sull’isola di Imrali. Forse con l’obiettivo di concedere una parziale e futura «autonomia» alla minoranza.

Il presidente si è messo di traverso, e ora la lotta è in campo aperto. Accentuata dal calo di consensi per l’Akp, annunciato dai sondaggi, e dal rischio che il partito il 7 giugno perda anche la maggioranz­a assoluta. La stagione dello strapotere pare al tramonto, mentre i media ironizzano sulle ambizioni parlamenta­ri di Sümeyye, la grintosa figlia di Erdogan, intransige­nte come suo padre.

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