Corriere della Sera

Rossi, divertirsi lavorando E per il Mondiale si vedrà

Nessuna ossessione per il decimo titolo. «Bene essere tutti vicini»

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Pasini DALLA NOSTRA INVIATA Arianna Ravelli

Decimo: non pensarci. A 36 anni, alla ventesima stagione nel Motomondia­le, in piena dittatura Marquez, Valentino racconta di non sentire l’urgenza di aggiungere un titolo ai nove che già tiene nella vetrinetta. Da stasera — sotto i lampioni di Losail, lontana periferia di Doha che, avanti con queste gru, diventerà presto piena downtown — correrà sì per vincerlo, ma non è il suo chiodo fisso. Quello è «divertirsi e avere ancora voglia di andare in moto». Il resto, se verrà, sarà la conseguenz­a di uno stato d’animo.

D’accordo, è il solito mantra del campione, e del resto le vigilie di un campionato sono sempre uguali: si sorride, si espone il proprio programma elettorale, si fa pat-pat sulla spalla di avversari che poi, alla prima curva, vorrai mangiarli crudi. Questo è l’ultimo momento di relax prima di entrare in un frullatore che si fermerà solo a novembre e Rossi lo vive come ha sempre vissuto i diciannove precedenti, con emozione ma con leggerezza, tanto preoccupar­si non serve: «È il mio ventesimo primo giorno di scuola, ormai sono all’Università…».

Il quadro tecnico è chiaro: c’è un netto favorito e si chiama Marc Marquez, il Valentino 2.0, il Predestina­to, due titoli su due da quando è in MotoGp, una spaventosa media vittorie del 52,7 per cento. Lo spagnolo ieri, con il solito ghigno da impunito, ha annunciato di sentirsi meglio di un anno fa, quando arrivò al vernissage nel deserto reduce da un infortunio. MM vinse qui (su Rossi), fece 10 su 10 e chiuse la storia tanto in anticipo da permetters­i poi di fermarsi a «sole» 13 vittorie. Se tanto ci dà tanto, quest’anno fa 18 su 18... Valentino — che nel 2014 ha sì perso ma senza mai subire le imbarcate mentali di Lorenzo e Pedrosa — preferisce tuttavia ricordare il segnale positivo arrivato dai test: «Tante moto e tanti piloti vicini». È il punto su cui poggia la sua strategia: partire subito bene e chiamare a raccolta Lorenzo e Pedrosa, e magari Dovizioso e Iannone, per togliere punti e aria a Marquez. La santa alleanza della moto contro la dittatura di re Marc.

L’equilibrio è certo un bel segnale « in generale » . La Yamaha però, al momento, non è alla pari della Honda e sente pure l’insinuarsi delle Ducati dietro gli scarichi: «Se analizziam­o gli ultimi test con occhio critico e realistico, si vede che le Ducati sono andate più forti di noi». Questo non spaventa Rossi, ma lo induce a un piano B che prevede sudore e ore ai box: «Ci sarà da lavorare doppio: in qualifica non sarà semplice stare nei primi dieci e in gara ci sarà da faticare per salire sul podio».

Una volta bastava il talento, ora è tutto un parlare di lavoro, sacrificio, fatica. Ma contro i 22enni non c’è altra via. E forse, a sentire qualcuno, nemmeno scampo. «L’età è importante, nulla migliora con gli anni», ha detto ieri Giacomo Agostini in versione esistenzia­lista. La vita MotoGp Le 18 gare 29/3 Qatar 12/4 Usa 19/4 Argentina 3/5 Spagna 17/5 Francia 31/5 Italia 14/6 Catalogna 27/6 Olanda 12/7 Germania 9/8 Indianapol­is 16/8 Rep. Ceca 30/8 G. Bretagna 13/9 San Marino 27/9 Aragon 11/10 Giappone 18/10 Australia 25/10 Sepang 8/11 Valencia racconta che Ago ha ragione, ma Valentino è Valentino perché ha sempre realizzato l’impossibil­e. E se succedesse ancora? «Finché avrò voglia di correre andrò avanti. Bayliss ha corso in Superbike a 46 anni? Allora io mi fermerò a 44». Vista così, il Nostro è ancora un ragazzo. Ma Marquez sempre 22 ne ha…

La vicenda

Lo scorso 22 febbraio nei test di Barcellona, Alonso è uscito di pista con la sua McLaren e ha sbattuto contro un muretto

L’ex ferrarista è stato portato all’ospedale, dove è rimasto per 72 ore: superato uno stato di incoscienz­a, si è ripreso e ha affrontato con successo vari test medici. Fernando ha infine ripreso gli allenament­i (foto) e ha guidato al simulatore

La cause del crash restano ignote: secondo il team Alonso avrebbe notato un induriment­o dello sterzo

Ricordi, sensazioni, feeling (quello sterzo diventato duro prima dell’uscita di pista); dati e certezze no, non ce ne sono. L’incidente capitato a Fernando Alonso il 22 febbraio ai test di Barcellona pare destinato a restare un mistero: sembra che nel report che la McLaren ha inviato alla Federazion­e, doverosame­nte intenziona­ta ad indagare, non ci sia niente di chiarifica­tore. Né un indizio della telemetria che possa riportare a un guasto della macchina (il team ha comunicato di aver aggiunto un sensore allo sterzo, che però dovrebbe essere abbondante­mente monitorato), né un riferiment­o a un ipotetico malore del pilota.

Che ora è qui, nel caldo asfissiant­e di Sepang, apparentem­ente sorridente e in ottima forma, pronto a raccontare oggi, in una attesissim­a conferenza stampa — perché ben più che il dominio della Mercedes o la voglia di conferma della Ferrari, che ha ingaggiato lo stratega ex Lotus Inaki Rueda, l’evento del Gp di Malesia è il ritorno in pista dello spagnolo — quello che ha vissuto. Fernando, che ieri ha passato l’ennesimo controllo medico della Fia (gli resta la prova di uscita dalla monoposto, da effettuare in sette secondi), ricorda bene la dinamica dell’incidente. La memoria è tornata completame­nte integra già il giorno dopo lo schianto contro le barriere, il ricovero in ospedale e quei momenti di disorienta­mento che hanno spaventato amici e familiari.

Si è già scritto che Alonso pensasse di essere ancora ragazzino, impegnato a correre nei kart. Ora si scopre che ha riferito a chi lo circondava di avere 13 anni e di essere al mare, in una località in cui da piccolo andava in vacanza con i genitori. La sua mente aveva scelto per lui di ricordare un momento di felicità infantile, chissà, forse ancora preservato dallo stress da F1. Ma il disorienta­mento — conseguenz­a pare della forte botta, di uno sfortunato angolo di impatto e, forse, anche dei sedativi che, secondo prassi, gli sono stati somministr­ati al circuito — è, per fortuna, durato poco: dopo qualche ora, Fernando ha cominciato a riconoscer­e tutti, a sapere chi era e dov’era.

Il giorno dopo è poi tornata anche la memoria dell’incidente. Che però, sembra destinato a restare senza spiegazion­e. E quindi Alonso domani dovrà risalire in macchina per le prove libere senza sapere esattament­e che cosa gli è capitato, con un tarlo in testa che sarà difficile da scacciare anche per un campione come lui. Non il modo migliore per avere piena fiducia nel suo team. Anche perché la McLaren-Honda sulla quale salirà ha già bruciato un motore con il suo sostituto Magnussen e in Australia girava quattro secondi più lenta delle imprendibi­li Mercedes. Fernando, dal divano di casa sua , ha osservato tutto con ansia crescente. Considerat­o che le improvvisa­te Manor dovrebbero fare qualche giro solo nelle prove libere ma non in qualifica e gara (francament­e una buffonata), Alonso rischia seriamente di occupare le ultime posizioni, assieme al compagno Button. Questo sì è un inizio da dimenticar­e. Ora che è tornato lui, prima o poi dovrà tornare anche la McLaren.

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