Corriere della Sera

Il comandante che ha intuito tutto e non è riuscito a sfondare la porta per evitare il disastro

- Di Marco Imarisio DAL NOSTRO INVIATO

La torcia illumina una piccola rosa rossa sul prato. Ecco, dice Bernard Barthelmy, il sindaco di Praz. È questa, ne sono certo. La donna che l’ha messa è stata fatta avanzare per prima fino all’estremità di questo pascolo. È rimasta da sola per due minuti, poi ha deposto quel fiore ed è ritornata nel gruppo, schierato come una squadra di calcio durante i calci di rigore decisivi, con le braccia che cercavano la persona più vicina. La moglie del comandante Patrick Sonderheim­er non ha un nome, così come fino alla fine di una giornata pazzesca non lo ha avuto l’eroe mancato di questa storia atroce. Si capisce che è lei non solo dalla conferma data in tarda serata da uno degli amministra­tori locali della valle che ha avuto l’ingrato compito dell’accoglienz­a di queste carovane del dolore, ma dal fatto che l’abbiamo vista avanzare lentamente, dopo un breve conciliabo­lo con gli altri parenti del gruppo dell’equipaggio del volo A9525. Sappiamo che era sposato, che aveva due figli, che ha provato fino all’ultimo a evitare l’irreparabi­le. Il suo non può neppure essere un ritratto, ma una scheda. Aveva alle spalle 6 mila ore di volo, aveva cominciato in una compagnia che si chiamava Condor, poi era passato a Lufthansa e infine, da due anni, alla filiale di Germanwing­s. Era nato in un paese poco distante da Düsseldorf, dove viveva in una villetta a schiera. Pare che fosse un brav’uomo, come sostengono le scarne testimonia­nze dalla Germania, ma lo dicono di tutti, quando non ci sono più e sono morti in un modo così ingiusto. Abbiamo la testimonia­nza di un collega, che si chiama Dieter. Dice che era uno dei migliori piloti che abbia mai conosciuto, un tipo serio ma dotato di gran senso dell’umorismo. «Sono sicuro che ha fatto tutto quello che poteva, perché lo conoscevo bene, era uno dei migliori, aveva grande esperienza, e al tempo stesso mi spezza il cuore sapere che aveva capito quel che stava accadendo senza poter cambiare il corso delle cose». Alla fine una vita intera si riduce ai suoi ultimi istanti, a gesti che definiscon­o un uomo, la sostanza di cui è fatto. Al fatto che sapesse, tutto era perduto e quella discesa avrebbe condotto l’Airbus contro la montagna. Il procurator­e di Marsiglia, Brice Robin, ha sottolinea­to come il comandante abbia provato in ogni modo, anche con l’aiuto di un estintore, a scardinare quella porta. E non abbia mai allertato i passeggeri, che solo all’ultimo hanno capito l’assurdo destino al quale stavano andando incontro. Si sentono le urla, ha riferito il magistrato. È stata comunque un’agonia breve, che forse non ha lasciato loro il tempo del rannicchia­mento in posizione fetale, come fanno vedere nei video prima del decollo, le maschere, e tutti quei gesti vani che avrebbero solo dato angoscia e nessuna speranza. Ora per lui c’è una rosa rossa sul prato di una valle tra le montagne dell’Alta Provenza. Sappiamo questo, del comandante Patrick Sonderheim­er. Sappiamo anche che meritava di più.

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