Corriere della Sera

L’uomo della strage

Il 27enne che ha causato l’impatto è cresciuto accanto a un campo di aviazione La sua carriera finora era considerat­a impeccabil­e La sua passione per il volo forse è diventata un’ossessione

- DAI NOSTRI INVIATI Danilo Taino Elena Tebano

Forse non c’era spazio per scendere più in basso, nella profondità dell’angoscia, per i genitori, per le mogli, per i figli ieri avvolti nel lutto dei morti dell’Airbus A320. Ma, se c’era, in quello spazio, regno dell’incomprens­ibile, li ha trascinati Andreas Lubitz. Niente dovrebbe essere meglio, davanti a 150 morti. «Ma era meglio l’incidente tecnico, o l’errore umano» piuttosto che la scelta deliberata di schiantare tante vite, e la propria, contro una montagna: lo diceva, ieri, Isabella Hauser, un’esperta di traumi all’ospedale della Charité di Berlino. Ed è così: la tragedia, in questo modo, è ancora più tragica. Disumana? Cattiva? Folle?

Andreas Lubitz: se davvero, in quegli ultimi dieci minuti, ha fatto quello che il procurator­e di Marsiglia Brice Robin ha ricostruit­o, l’uomo di Montabaur, Germania dell’Ovest, a 27 anni ha sprofondat­o decine di famiglie nell’inferno terreno dell’insensato. Insensato, era quello che diceva ieri Angela Merkel, quello che affermava sbigottito il capo della Lufthansa, Carsten Spohr, quello attorno a cui ancora in questo momento si starà disperando chi deve seppellire i suoi morti. Perché barricarsi nella cabina, chiudersi nel silenzio, scendere lentamente di quota, mirare la roccia e portarsi via 149 vite? Che uragano aveva, nella mente, Andreas Lubitz, se le cose sono andate davvero come si pensa oggi? Insensato.

Una ragazza che era stata a scuola con lui, a Montabaur, ieri ha scambiato due parole, tra le lacrime, con la Frankfurte­r Allgemeine Zeitung. Ha detto di non credere che l’azione fosse stata pianificat­a. «Dev’essere stato un Amoklauf», ha detto. Amok (letto a rovescio fa Koma) è un termine di origine malese, è l’esplosione improvvisa della violenza, di una follia irrefrenab­ile. In Germania la parola si è diffusa dopo una sparatoria in una scuola di Erfurt, nel 2002: da allora, le autorità scolastich­e usano il termine per lanciare l’allarme e avvertire del pericolo di un’aggression­e omicida. «Amoklauf»: è questa l’unica spiegazion­e che sa darsi la sua compagna di scuola. È vero, ha raccontato, che nel 2009 Andreas Lubitz aveva sofferto di un esauriment­o nervoso, era caduto in depression­e e aveva dovuto interrompe­re per un po’ l’addestrame­nto da pilota. Ma aveva superato il momento. Unica spiegazion­e, un «Amoklauf», un attacco improvviso di pazzia.

Nessuno usa la parola suicidio. Non è appropriat­a, quando si mette fine a decine di altre vite. E nessuno, nonostante la depression­e, racconta di un uomo che potesse pensare al suicidio. Da ragazzo, a qualche centinaio di metri da casa, un campo di aviazione era il suo sogno. Forse, la sua ossessione. Ancora teenager, aveva preso lì la licenza per pilotare gli alianti, su un Ask-21 ancora oggi in un hangar del club Lsc Westerwald. E lì l’aveva rinnovata lo scorso autunno. Da quel campo d’erba era decollata la sua carriera di pilota. Il presidente del club, Klaus Radke, lo aveva visto in occasione del rinnovo a novembre e dice che era felice del suo lavoro a Germanwing­s, racconta che dedicava tutte le sue energie al volo, per lui più di un lavoro. Radke dice che Andreas Lubitz era felice. E rifiuta le conclusion­i del procurator­e di Marsiglia sulla strage deliberata. «Non vedo come qualcuno possa trarre questa conclusion­e prima che l’indagine sia completa», ha detto ieri all’agenzia di stampa Ap. E anche un suo compagno di volo, Peter Rücker, trova tutto questo «inconcepib­ile»: aveva «un sacco di amici, non era affatto un solitario, si divertiva, anche se qualche volta era piuttosto tranquillo». Pare avesse una fidanzata, a Düsseldorf, da dove partiva per i suoi voli e dove aveva un appartamen­to, in periferia (la sua auto, ieri, era ancora parcheggia­ta in aeroporto). Ieri è girata voce, non confermata, che si fossero lasciati da poco.

La casa, come quella in cui abitava a Montabaur con i genitori (la madre suona l’organo nella chiesa evangelica), è stata perquisita dalla Polizia: ci avranno trovato scarpe da corsa per la maratona, brani di musica elettronic­a. Chissà, forse qualche scritto interessan­te. Dall’abitazione della famiglia hanno portato via due sacchi blu di spazzatura, una scatola di cartone e un computer. E con lui un ragazzo dal volto coperto, forse il fratello minore per interrogar­lo.

Ieri, Lufthansa, la compagnia proprietar­ia di Germanwing­s, ha parlato della carriera del suo copilota, iniziata nel 2008: la considera impeccabil­e. L’uomo — hanno detto i capi azienda — era abile al cento per cento per portare un aereo. Non hanno potuto però dire chi fosse Andreas Lubitz. E che uragano gli è forse scoppiato nella testa, alle 10.30 di martedì 24 marzo, sopra le Alpi della Francia.

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(foto di Michael Probst/Ap) La sorveglian­za Due poliziotti tedeschi vicino alla casa dove viveva il copilota Andreas Lubitz, a Montabaur (in Renania) per non far avvicinare i giornalist­i
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