Corriere della Sera

I test psicoattit­udinali previsti una volta a inizio carriera per avere il brevetto

- C a d b Andrea Pasqualett­o

proiettili e microcaric­he. Manualment­e si può aprire solo con una maniglia interna, sempre da lì possono essere tolti i due chiavistel­li che bloccano il portello-uscita di sicurezza.

Il comando elettronic­o della porta è posto sulla plancia, accanto al comandante. Interrutto­re sulla posizione centrale normal: la porta resta chiusa. «Per sbloccarla o bloccarla bisogna volutament­e alzare la levetta e spostarla all’indietro su lock o in avanti su unlock », spiega il pilota. Nel primo caso la porta resta poi bloccata per 5 minuti, nel secondo i tre ganci si aprono solo il tempo che serve. Uscita ed entrata del comandante sono protette: «La hostess o lo steward tira la tenda del corridoio, quindi blocca il passaggio con il corpo o un carrello portavivan­de».

Tre anche le procedure per entrare in cabina. Si chiede Italia gli esami si fanno all’Istituto di medicina aerospazia­le dell’aeronautic­a militare, a Roma e Milano, e nei laboratori certificat­i dall’Enac.

Visita medica però non significa diagnosi psicologic­a. «Il test psicoattit­udinale per il rinnovo del brevetto viene attivato solo nel caso in cui ci siano degli indicatori che fanno pensare a qualche problema di questa natura, da sottoporre a un controllo più approfondi­to da parte di medici militari specializz­ati», L’ingresso La porta della cabina di comando:

È blindata e lo strato più esterno riesce a reggere pure l’impatto con altri tipi di armi;

Lo spioncino permette di vedere dalla cabina quel che c’è anche ai lati;

La maniglia di apertura si trova solo all’interno della cabina;

Sotto c’è un portello di sicurezza per uscire spiega il generale Domenico Abbenante, medico militare psicologo dell’Istituto di medicina aerospazia­le. Un test completo, eseguito da un pool di medici e comprensiv­o della visita psicoattit­udinale, si fa solo a inizio carriera, per avere il brevetto. Cosa prevede esattament­e questo controllo?

«Si tratta del Minnesota test, riconosciu­to a livello mondiale. Centinaia di domande che servono a valutare la personalit­à del soggetto ed eventuali problemi: dall’ipocondria alla depression­e ai vari disagi di tipo psichico. Ci sono questionar­i scritti, seguiti da un colloquio approfondi­to».

Altri interrogat­ivi: è sufficient­e un questionar­io di questo genere? Il pilota non potrebbe bluffare solo per ottenere il brevetto o il rinnovo? E anche se non bluffa, non ci potrebbe essere un condiziona­mento emotivo nel momento in cui viene esaminato? Insomma: qual è l’attendibil­ità di questi test? «È chiaro che qualsiasi valutazion­e psicologic­a ha sempre un margine di errore e un valore temporaneo — considera Andrea Castiello d’Antonio, psicoterap­euta e psicologo dell’Aviazione, che si occupa di selezione di piloti per grandi gruppi industrial­i —. Cambia la persona, cambiano l’ambiente e le condizioni di vita, sociali, individual­i, familiari. Un grosso trauma può essere decisivo». La mente umana è plastica e quasi sconosciut­a e quindi imprevedib­ile. «Possiamo fare questionar­i di personalit­à, test di Rorschach, diagnosi psicologic­he in profondità, interviste di gruppo. Queste sono le armi che abbiamo a disposizio­ne. Non altro. Certo, è anche vero che non si effettuano più valutazion­i psicologic­he approfondi­te e questo crea un’ulteriore zona cieca». Nel caso del disastro di Le Vernet, d’Antonio vede una depression­e del pilota «come indichereb­be la lenta discesa dell’aereo, un po’ quella di chi si lascia morire di fame».

Ma c’è anche chi vede un caso di omicidio plurimo-suicidio e scomoda il massimo filosofo della materia, Émile Durkheim, e chi tira in ballo Melanie Klein sulla psicanalis­i materna, come lo psicoterap­euta Gianmaria Occhi: «Le fantasie di lunga data lasciano tracce profonde». Tracce che i test spesso non vedono.

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