Corriere della Sera

Matteo Renzi vittima della contraddiz­ione di un partito di governo e d’opposizion­e sia a livello nazionale che locale

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Più le riforme avanzano, più sta diventando chiaro che a insidiarle sono soprattutt­o i contrasti all’interno del Pd. In assenza di un’opposizion­e vera, nel senso di capace di offrirsi come alternativ­a, è dentro il partito-perno della coalizione che si consumano quotidiana­mente resistenze e contraddiz­ioni. È come se il presidente del Consiglio dovesse fare i conti con una doppia anomalia. La propria, perché non è a Palazzo Chigi perché è stato votato; al contrario, ha ricevuto i voti, almeno alle europee, perché guidava il governo.

La seconda anomalia è quella di un Pd ereditato, dominato, ma non ancora plasmato a propria immagine. Le richieste di mediazione e i distinguo della minoranza, i conati di scissione, sono figli di queste anomalie. E gli inviti perentori alla disciplina di partito, a non dissociars­i da decisioni politiche, riflettono l’esigenza del premier di emancipars­i dai condiziona­menti. Va detto che finora Renzi ci sta riuscendo, anche con metodi che gli avversari definiscon­o arroganti.

La domanda è se tutto questo basterà a

La contraddiz­ione

impedire che il Pd scarichi sulle istituzion­i le sue questioni irrisolte.La sensazione che pesino su ogni scelta più di ogni altra consideraz­ione, ormai, è tangibile. Non si tratta di una logica che produce solo risultati negativi: lo conferma l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella, miracolo di unità e di abilità. Ma il rinvio di «qualche settimana» per decidere il ministro delle Infrastrut­ture dopo le dimissioni traumatich­e di Maurizio Lupi non è un indizio incoraggia­nte; né le polemiche, nate in primo luogo nel Pd, sul tentativo di palazzo Chigi di «blindare» la riforma elettorale.

Vicenda emblematic­a: un Italicum voluto fortemente dal Pd di governo, viene osteggiato apertament­e dal Pd «d’opposizion­e» come potenzialm­ente autoritari­o. Se dal livello nazionale ci si trasferisc­e a quello locale, lo scontro dentro la maggiore forza di sinistra è ancora più sconcertan­te. Non esiste solo il caso di Roma, dove l’impegno a commissari­are tutto non riesce a nascondere la realtà di un partito marcio. E a Milano, la questione della succession­e a Giuliano Pisapia come sindaco si presenta spinosa perché la segreteria Renzi prefigura nuovi equilibri.

Il quadro è completato dalla campagna elettorale in Campania di Vincenzo De Luca, condannato e dunque destinato a non poter svolgere le funzioni di governator­e, se eletto. Sotto voce, nel Pd nazionale si ammette che sarebbe meglio se non vincesse. «Da parte del Pd sento un sostegno pieno, totale», ha detto invece De Luca ieri, assicurand­o l’arrivo a Napoli del sottosegre­tario Luca Lotti, braccio destro di Renzi. In realtà, è un altro pasticcio annunciato. «L’importante è che la discussion­e non si esaurisca nella contrappos­izione», avverte il sindaco di Torino, Piero Fassino. Ma è proprio quello che sta accadendo.

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