Il mondo rovesciato dove nessuno fa la parte del buono
Forse ci vorrebbe Ennio Flaiano. Uno dei suoi aforismi, precisi come un rasoio. La situazione è grave ma non è seria, ad esempio. Se non stessimo parlando di un crimine, se riuscissimo a dimenticare per un attimo che una persona ha perso la vita, sembra di essere precipitati in una pessima commedia all’italiana. O in una barzelletta sui carabinieri. Purtroppo non lo è. Normalmente quelle storielle fanno ridere, qui da ridere c’è ben poco. Se avessi immaginato io una storia così, se davvero l’avessi scritta nessuno mi avrebbe preso sul serio. Io per primo. Sembra il mondo alla rovescia. Due carabinieri in licenza che decidono nel tempo libero di fare rapine ai supermercati. Dove? Nel territorio meno indicato. In terra di camorra, dove è facile pestare i piedi a qualcuno. Chissà quale assurda teoria stava dietro ad un piano così raffazzonato. Come sono stati selezionati dall’Arma questi geni del crimine, c’è da chiedersi. Non solo decidere di infrangere la legge (e chissà se era la prima volta!) ma non rendersi conto che avevano deciso di rapinare il supermercato sbagliato. Di proprietà di una famiglia ben conosciuta, «attenzionata» si direbbe nei verbali delle barzellette, dalle forze dell’ordine. Poi la fuga, le telefonate concitate e l’inseguimento dei rapinati che volevano forse farsi giustizia da soli dei tutori dell’ordine in vacanza. Nove feriti, fra cui i due carabinieri, adesso piantonati all’ospedale, accusati di rapina aggravata e omicidio. Ci avete capito qualcosa? Forse soltanto che nessuno scrittore come al solito riuscirà mai a superare la realtà. Assurda e feroce. Dove nessuno, alla fine, fa mai davvero parte dei buoni.
Il fatto
Nella tarda mattinata di mercoledì scorso due banditi hanno tentato di rapinare un supermercato ad Ottaviano (Napoli). Con sorpresa si è scoperto che i rapinatori erano due carabinieri, entrambi in forza al Battaglione Mestre e in congedo ordinario in Campania
La rapina ha provocato la reazione dei titolari del negozio che dopo essere stati avvertiti da un dipendente, si sono messi sulle tracce dei rapinatori: in otto hanno partecipato all’inseguimento a bordo di due diverse vetture. Una delle auto inseguitrici ha speronato l’auto dei fuggitivi. Poi la sparatoria
Il bilancio è di un morto (Pasquale Prisco, di 28 anni, figlio del proprietario dell’esercizio commerciale) e di nove feriti tra cui i due carabinieri (che sono in stato di fermo in ospedale)
L’inchiesta sull’operazione fiscale «Brontos», dal 2011 rimbalzante tra Milano-Bologna-Roma, sfocia nel proscioglimento pieno, in udienza preliminare «perché il fatto non sussiste», dell’ex n.1 di Unicredit, Alessandro Profumo, e di 19 manager sia dell’istituto sia di Barclays (come il vicearea Finanza strutturata, Rupack Chandra).
Nel 2011 il pm milanese Alfredo Robledo — con iniziativa che nel 2014 il procuratore Bruti Liberati riterrà una invasione nel campo del pool economico del pm Francesco Greco — chiede, e il gip Luigi Varanelli dispone, il sequestro di 245 milioni risparmiati in tasse dalle due banche grazie alla frode fiscale con la quale nel 20072009 avevano conciliato, secondo l’accusa a spese del Fisco, i rispettivi interessi: Barclays di raccogliere fondi a un tasso inferiore a quello di mercato, e Unicredit di investire risorse a un tasso superiore a quello di mercato.
Come? Montando l’operazione Brontos, nella quale Unicredit sembrava investire in un contratto di «pronti contro termine» su sottostanti «strumenti partecipativi di capitale» in lire turche, quando invece tra Barclays e Unicredit tutto era in partenza concordato a tavolino affinché Unicredit facesse in realtà un investimento in un deposito interbancario presso Barclays. Nel 2012 il Riesame annulla il sequestro, ma solo per motivi formali, sicché Robledo insiste e chiede il processo per Profumo. Il gip Marchiondelli lo dispone, ma il Tribunale esordisce ritenendo competente Bologna. Anche qui i pm chiedono il processo, ma additano Roma competente, e il gip solleva conflitto in Cassazione, che radica la competenza a Roma. Qui i pm Canaglia e Sargente chiedono il rinvio a giudizio di Profumo al gip Maria Grazia Giammarinaro, che ieri dice no e proscioglie tutti: probabilmente convenendo con i difensori Accinni (per Profumo), Severino, Olivo, Mucciarelli, Arata e Calleri che l’operazione di risparmio fiscale non fosse occultata da alcuna fraudolenza, giacché contabilizzava le poste per ciò che erano, e cioè interessi attivi.