Corriere della Sera

LA DIFFICOLTÀ DI TUTELARE PRIVACY E SICUREZZA

- Di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

La scelta di utilizzare sofisticat­i strumenti tecnologic­i per combattere il terrorismo internazio­nale appare giusta e sensata. Soprattutt­o perché quel che è accaduto negli ultimi mesi dimostra quanto importante sia per l’Isis la propaganda effettuata attraverso Internet, quanto siano esperti nel maneggiare i social network e i siti jihadisti per fare proseliti, convincere i giovani a raggiunger­e la Siria e l’Iraq per addestrars­i e poi tornare in patria pronti ad entrare in azione. E dunque sarebbe stato utile concedere alle forze di polizia — con un vaglio severo dei giudici — poteri ulteriori di prevenzion­e. La decisione del governo di ritirare l’emendament­o presentato dal sottosegre­tario all’Interno Filippo Bubbico che introducev­a questa novità ha però svelato ben altro. È infatti apparso chiaro che il decreto antiterror­ismo sarebbe stato usato come pretesto per aumentare i controlli sui cittadini e sulla loro attività online introducen­do una nuova legge che nulla ha a che fare con l’emergenza legata alla minaccia fondamenta­lista. Avrebbe infatti reso possibile spiare i computer degli indagati per un lungo elenco di reati che comprende persino l’ingiuria. E, come evidenziat­o dall’Autorità garante della privacy, avrebbe rappresent­ato un’intrusione eccessiva nella vita di ognuno di noi. «Ne riparlerem­o quando si discuterà il provvedime­nto sulle intercetta­zioni», hanno fatto sapere da Palazzo Chigi, lasciando così intraveder­e la volontà di percorrere questa strada, pur nella consapevol­ezza che quel disegno di legge è già materia di discordia e aggiungere altri elementi controvers­i inevitabil­mente alimenterà lo scontro politico. Ma soprattutt­o rinunciand­o a una misura che, in alcuni casi particolar­i di pericolo, avrebbe potuto contribuir­e ad accrescere la sicurezza di fronte a una minaccia che — è inutile negarlo — incombe sul nostro Paese. Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it al 22 febbraio 2014 il segretario del Partito democratic­o è anche presidente del Consiglio. Dallo stesso giorno il presidente del Consiglio è anche ministro per le Pari opportunit­à. Dal 30 gennaio 2015 il ministro per le Pari opportunit­à è anche ministro per gli Affari regionali. Dal 23 marzo 2015 il ministro per gli Affari regionali è anche ministro delle Infrastrut­ture e dei Trasporti. Troppi poteri in un solo potentato? No, sono ancora troppo pochi. Perché questo vuole lo Zeitgeist, lo spirito dei tempi. Un venticello che Matteo Renzi respira a pieni polmoni, e lo risputa fuori in norme, azioni, progetti di riforma. Incontrand­o l’applauso delle folle, anziché un’onda di sospetto. Lui l’ha capito, noi forse stentiamo un po’ ad accorgerce­ne. Questa è l’epoca dell’unificazio­ne.

Eppure basterebbe volgere lo sguardo al paesaggio che attraversi­amo talk show show,

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