Corriere della Sera

Adesso non cambio più

-

a porta della suite alla Opposite House di Pechino, albergo ultralusso di tendenza, si apre puntuale al secondo. Spunta un’assistente bionda, alquanto fredda. Non c’è niente d’improvvisa­to intorno a Victoria Beckham. Tutto controllat­o al dettaglio. Sono passati vent’anni da quando i giornali inglesi la chiamarono Posh Spice e l’ex ragazza del quintetto che vendette 55 milioni di dischi nel mondo si è trasformat­a prima in solista e poi in imprenditr­ice di successo. Nel 2008 ha creato una sua linea di moda e in cinque anni il giro d’affari è cresciuto del 2.900 per cento: per questo nel 2014 l’hanno nominata «most successful entreprene­ur» del Regno Unito. Victoria non gioca alla creativa eccentrica, è una donna concentrat­issima sul suo brand. Non si resiste ai paparazzi e ai tabloid di Londra se non si indossa una corazza. Lei è sotto assedio dal 1997, quando uscì per la prima volta una sera con David, il Golden Boy del calcio inglese. Dopo due decenni, un matrimonio solido e quattro figli insieme con David (Brooklyn nel 1999, Romeo nel 2002, Cruz nel 2005 e Harper nel 2011) i tabloid sono sempre alla ricerca di una prima ruga, un chilo in più o in meno, sono ansiosi di indagare su un sorriso mancato. La signora Victoria Adams in Beckham ha reagito costruendo­si un’immagine distaccata, spesso nascosta dietro occhiali da sole extralarge (firma anche una sua linea). Per l’intervista indossa giacca e pantaloni neri a sigaretta, tacchi alti, trucco leggero. Niente occhiali-scudo, però: e gli occhi sono bellissimi, di un color nocciola luminoso. Le concession­i sono finite, i minuti sono contati (l’assistente bionda sorveglia).

Pop star, moglie di un campione di calcio, quattro volte mamma, modella, stilista. Qual è la sua reincarnaz­ione preferita Mrs Beckham? A sorpresa la voce è dolcissima. «Well, you know, i miei figli e mio marito sono e saranno sempre al primo posto. Ma amo molto lavorare per la moda, questa è la cosa che volevo davvero fare e dove metto la mia passione. Ho avuto fortuna, mi piace dare potere alle donne, farle sentire la versione migliore di loro stesse, sento di capire le loro aspirazion­i. E mi sto anche divertendo molto, è stato eccitante costruire un business». Pensa a una prossima reincarnaz­ione? «Resterò nel fashion per tutta la vita; a settembre ho inaugurato un flagship store a Dover Street a Londra, stiamo aprendo da Harrods e a Parigi, punto anche a Hong Kong». Victoria dice di amare anche Milano: «Mi piace tutte le volte che mi capita di andarci, David ci ha vissuto». Quando lui giocava per il Milan lei non lo ha seguito stabilment­e, ci siamo sentiti un po’ snobbati. «I figli andavano a scuola a Londra, la stessa cosa è successa anche mentre David giocava a Parigi, non puoi spostare i bambini fuori casa di continuo, non fa bene alla loro educazione. Sono sicura che qualunque genitore possa capire». Il tono si è fatto un po’ duro.

Victoria tiene sollevato lo scudo profession­ale e torniamo a parlare di pre-collezioni, categorie, industria. Disegna da sola i suoi modelli? «Disegno male. Ho trovato altri modi per lavorare, creando ispirazion­i con la mia squadra. Siamo solo in tre nel ready to wear design team, è uno sforzo collettivo per costruire la collezione. E io provo su di me tutti i vestiti. Sa, ho studiato molto negli ultimi anni, ho lavorato con Linda Farrow e per Rock & Republic. Ho imparato e continuo a imparare». C’è

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy