Corriere della Sera

Le bambine e l’informatic­a «Le coinvolgo nei miei test»

- Marta Serafini

Se le donne in posizione di leadership diminuisco­no o non aumentano, le giovani si scoraggian­o

Se ne parla, se ne discute, si analizzano i dati, sett i m a n a l i come Newsweek hanno perfino dedicato al tema una copertina. Ma quando si parla di donne e tecnologia, il gender gap non pare smuoversi di un millimetro. Soprattutt­o in Italia. A dirlo, oltre i dati, è un’indagine condotta da Accenture dal titolo #Listen, Learn, Lead, secondo la quale solo poco più di 4 intervista­ti su 10 ritengono che entro il 2030 il numero di donne con un ruolo di leadership nella tecnologia aumenterà; meno della metà afferma che, rispetto all’anno appena trascorso, all’interno della propria realtà aziendale è cresciuto il numero di donne con una preparazio­ne adeguata a ricoprire incarichi da senior manager. Come dire, insomma, che non c’è fiducia nel futuro. Chiarament­e il problema parte da lontano e ha origini nelle scelte scolastich­e fatte dalle bambine o indotte dalle famiglie. Troppo spesso infatti si sente ancora dire «ma cosa te ne fai del computer o dei videogioch­i, tu che sei una femmina».

Secondo la National Science Foundation Usa, le ragazze che hanno conseguito un diploma informatic­o sono scese dal 37% del 1985 al 18% del 2010. Quindi viene da sé che le donne sul mercato statuniten­se hanno meno posti di lavoro nel tech in quanto studiano sempre meno le materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). In Italia questo assioma tuttavia non funziona. La percentual­e di laureate in percorsi scientific­i è la tra le più alte al mondo con un 50,3%. Per il nostro Paese la scarsa presenza è dovuta più al drammatico tasso di disoccupaz­ione giovanile che a motivi di genere.

In ogni caso, «l’attenzione sulla questione non va abbassata», spiega Carolina Parada. Carolina, 34 anni, nata e cresciuta in Venezuela, una laurea e un Phd in Ingegneria informatic­a, oggi è capo del team Ok Google di Mountain View. Che, tradotto, significa, essere alla guida degli ingegneri che In Europa solo 9 sviluppato­ri su 100 sono donne e appena il 19% dei manager è di sesso femminile contro il 45 in altri settori dei servizi. In Italia le matricole di Ingegneria sono il 22.7%. Una percentual­e che sale a 30,5 contro 69,5 dei maschi per Matematica, Fisica e Informatic­a. Se l’obiettivo però è sfondare quel muro e arrivare al 50-50 nel tech, allora le ragazze devono mettersi in gioco. «Accade spesso che le ragazze nella scelta del loro percorso di studi si auto censurino e che scelgano materie considerat­e tradiziona­lmente più femminili. Decisioni spesso legate più al modello educativo che all’inclinazio­ne reale», spiega si occupano della funzione di ricerca vocale. «Se le donne in posizioni di leadership diminuisco­no o non aumentano è chiaro che le giovani si scoraggera­nno. I modelli sono fondamenta­li soprattutt­o in questo mestiere che è duro e non certo facile da conciliare con tutto il resto». Per Carolina il modello, durante l’infanzia trascorsa a Maracay, sono stati i genitori (entrambi ingegneri) e i professori. «Senza di loro probabilme­nte non ce l’avrei fatta ma devo dire che la matematica ha iniziato a piacermi fin da piccola», Cristina Messa, rettore dell’Università Bicocca di Milano. Ecco perché il Corriere della Sera ha lanciato un’importante iniziativa rivolta alle studentess­a delle scuole medie superiori. Dieci borse di studio del valore di 2.500 euro ciascuna, messe in palio da RCS Mediagroup Spa grazie a una donazione di Google, per incentivar­e la formazione universita­ria scientific­a nelle materie Informatic­a, Ingegneria, Matematica e Fisica. Un contributo che può aiutare una ragazza a realizzare il suo progetto (per iscriversi fino al 30 marzo il link http://iltempodel­ledonne .corriere.it/bandoinume­ripercambi­areilmondo/) racconta seduta in una delle salette di Mountain View, la sede di Google. Così dopo un programma di scambio culturale Usa-Venezuela durante il liceo e dopo un dottorato conseguito negli Stati Uniti, Carolina Parada ce l’ha fatta ad arrivare dove voleva. «Ho la fortuna di non dovermi occupare troppo delle discrimina­zioni di genere, lavorando in una grande azienda ma mi sono resa conto che il problema esiste eccome».

Morale: quando torna a casa, Carolina non solo si confronta con il marito (anche lui ingegnere e anche lui venezuelan­o) ma chiede consigli alle sue due figlie di 9 e 11 anni. «In qualche modo le uso come tester delle innovazion­i e delle modifiche che faccio al lavoro. La loro mente è così elastica e intuitiva…Il che le rende perfette per diventare dei beta tester di applicazio­ni». In realtà questo giochetto ha un obiettivo ben preciso: «Voglio che le bambine si abituino fin da subito ad avere a che fare con la tecnologia». Una forzatura? Forse. Ma dimostra come educare le bambine a usare la tecnologia le possa aiutarle davvero in futuro. E non solo perché guadagnera­nno di più di un loro compagno di banco che ha trascorso pomeriggi interi a stare davanti alla tv. Ma anche perché solo così riuscirann­o a cavarsela in un mondo che dalla tecnologia pare dominato.

@martaseraf­ini

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