Corriere della Sera

Dovizioso lancia la sfida italiana «Io e la Ducati, uno spettacolo»

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Pasini

Andrea Dovizioso, ci racconti perché dobbiamo essere ottimisti.

«Perché la Ducati, appena nata, ha chiuso davanti a tutti l’ultimo test. Mi aspettavo andasse forte, ma non così... E poi finalmente curva come Yamaha e Honda».

Ma una moto che curva non è il minimo per correre?

«Sì, ma prima quando piegavi per entrare in curva c’era una forza che ti spingeva fuori, ora no. In questo senso, non è che la GP15 sia favolosa: è solo normale rispetto alla GP14...».

Ha detto che questa Desmosedic­i è meglio di quella con cui Stoner vinse nel 2007.

«Quella era una gran moto, ovvio, ma la domava solo Stoner. Questa invece andrebbe bene con tanti piloti». Che fa, si sminuisce? «No, logico che il pilota conta: gli ingegneri lavorano pure sulle nostre osservazio­ni».

Dicono che i regolament­i vi favoriscon­o.

«Li hanno accettati tutti e avrebbero potuto sfruttarli tutti. Noi siamo stati più bravi». Dunque polemica sterile? «Inesistent­e. E noi andremmo forte comunque».

Lei e Iannone siete la prima coppia italiana in Ducati.

«Uno spettacolo. E con Rossi siamo tre italiani là davanti. Bellissimo, soprattutt­o ora che c’è un buco generazion­ale tra noi e i giovani, bravi ma acerbi».

Rossi, per questo, ha creato un team di Moto3. Ci pensa anche lei?

«No, troppi problemi... Però mi piacerebbe trasmetter­e ai giovani la mia esperienza».

Iannone è il suo opposto come guida e carattere: come va la convivenza?

«È presto, per ora condividia­mo poco sia in pista sia fuori. Ma quando siamo insieme non è un problema».

Dei due Andrea, lei è quello serio, per distacco il pilota più esigente e autocritic­o del paddock. Conferma?

«Sì, ma non è un capriccio. È perché ho abbastanza esperienza per sapere ciò che serve per essere competitiv­i».

Si sente nel momento migliore della carriera?

«La mia è stata una crescita graduale, sono ad alto livello da tanto, ogni anno ho aggiunto qualcosa». La paternità ha inciso? «Dicono che un figlio ti fa andare più piano, io dopo la nascita di Sara nel 2009 vado più forte... Mi ha arricchito e fatto maturare».

Un solo Gp vinto: è troppo poco per uno come lei?

«È la realtà, non è un problema».

La mia crescita come pilota è stata graduale: ogni anno ho aggiunto qualcosa La Ducati è casa. Ci lavorano dei geni ed è capace di lottare contro i giapponesi

Il favorito? «Marquez». Sarà davvero un campionato più equilibrat­o?

« Nelle gare sì, non nella classifica. Anche se Marquez non farà il vuoto del 2014: è intelligen­te, non vorrà strafare».

Previsione nostra per la Ducati: tante pole position e due vittorie di tappa.

«Molto possibile, ma non mi sento di dire sì: non abbiamo ancora la situazione sotto controllo. Questo è positivo: possiamo ancora migliorare...».

Quanto le piacerebbe fare quello che non ha fatto Rossi, cioè vincere con la Ducati?

«Al tempo di Vale non c’erano le condizioni. Non è che se ci riuscirò sarò più bravo di lui. Certo che fare risultato in Ducati è un’altra cosa...». Perché, che cos’è la Ducati? «Casa, e non solo perché vivo a Forlì. Ducati è la moto italiana, montata all’italiana, con i problemi e le soluzioni all’italiana. Ci lavorano dei geni ed è capace, così piccola, di lottare contro i mostri giapponesi». E il popolo ducatista? «Unico. Lui tifa la maglia, non il pilota. E se ti comporti bene diventi idolo assoluto. Che cosa vuoi di più?».

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