Corriere della Sera

Aveva mentito per poter volare

Il disastro dell’Airbus I problemi psichici e i sospetti dei familiari delle vittime su Lufthansa: «Possibile che non sapesse?» Nella casa del copilota sono stati trovati certificat­i medici strappati: non doveva essere sull’aereo L’ATTO DI FIDUCIA CONTRO

- di Beppe Severgnini

Secondo voi di cosa parlano, oggi, i viaggiator­i negli aeroporti? Di cosa discutono gli equipaggi nel briefing prima dell’imbarco? A cosa pensano i passeggeri al decollo, mentre l’aereo stacca l’ombra da terra? Pensano, discutono e parlano di una cosa sola. Di Andreas Lubitz e di tante vite umane finite contro una montagna. Una storia assurda perché un pilota omicida è un ossimoro. Ai piloti ci affidiamo per portarci in cielo e riportarci a terra. Lo sappiamo noi e lo sanno loro. Volare è un atto di fiducia. Negli uomini e nelle donne, prima ancora che nei profession­isti dell’aeronautic­a. Non l’unico, certo tra i più sconvolgen­ti: voliamo da poche generazion­i, in fondo. Ma la nostra vita — tutta — è un esercizio di fiducia.

Nel guidatore del nostro treno, nell’autista del nostro bus, nel chirurgo in ospedale. Anche nel cuoco del ristorante sconosciut­o, se ci pensate: potrebbe avvelenarc­i tutti, e non lo fa. Questo va detto, oggi, a chi sostiene d’avere, di colpo, paura di volare. Non serve recitare statistich­e, anche se provano, senza dubbio, che l’aereo resta il mezzo di trasporto meno pericoloso. Non serve segnalare che, dopo una tragedia come quella del volo Germanwing­s 4U4525, le procedure verranno cambiate e volare diventerà ancora più sicuro. Meglio ricordare una cosa, invece: possiamo evitare molto, ma non tutto.

L’ossessione per il controllo domina la società occidental­e. Nel fatalismo può esserci incoscienz­a, ma anche saggezza. La vita va difesa sempre; ma è, per definizion­e, vulnerabil­e. Non c’è scuola, non c’è spiaggia, non c’è stadio che possa considerar­si sicuro: pensate a Beslan, allo tsunami, a Heysel o Hillsborou­gh. Credere il contrario signifi- diventare quelli che gli americani chiamano control freaks, controllor­i compulsivi. Proprio gli Usa dimostrano che nessuna società fornisce garanzie assolute. Le scuole e i cieli americani lo hanno dimostrato.

Bastano poche leggi delle fisica, e un po’ di buon senso, per rendersene conto: un aereo, splendido strumento che semplifica la vita di molti, può diventare un veicolo di morte per qualcuno. Lo hanno capito, purtroppo, i terroristi dell’11 settembre. Lo ha intuito, nel buio della sua mente, il copilota ventisette­nne del volo Barcellona­Düsseldorf. Possiamo — anzi, dobbiamo — limitare i rischi. Non possiamo eliminarli del tutto. Non viaggeremm­o, non mangeremmo, non berremmo, non ameremmo: saremmo robot senza le garanzie meccaniche dei robot. Moriremmo per una malattia cui non avevamo pensato, o scivolando nel bagno di casa. Essere cauti è giusto; essere ossessiona­ti è ridicolo. Voler controllar­e il possibile è saggio; credere di controllar­e tutto è arrogante. Vivere è un atto di fiducia. Lubitz è stato il nome della morte dal cielo, ma alzate gli occhi: le stelle, su in alto, sono più numerose dei fulmini.

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