L’ANIMO UMANO ABISSO OSCURO
L’assurdità dell’atto che ha condotto alla morte 150 vite innocenti ci sconvolge e ci coinvolge. Sappiamo benissimo che su quell’aereo si sarebbe potuto trovare chiunque di noi o dei nostri figli. Siamo dunque condannati a vivere nell’insicurezza? La nostra vita sociale dipende inestricabilmente da sistemi e apparati tecnici sempre più sofisticati, potenti e performanti. Il problema è che tali sistemi rendono accessibile a singoli individui — o piccolissimi gruppi — un enorme potere di distruzione. Così che la potenza tecnica si può sempre trasformare nel moltiplicatore della follia. Nessun sistema di sicurezza può andare al di là del limite invalicabile costituito dall’insondabilità dell’animo umano. Di fronte a disastri come quello avvenuto sulle Alpi francesi, la prima (giusta e comprensibile) reazione è quella di rafforzare la sicurezza.
Ciò si traduce in nuove, più stringenti procedure (nello specifico, l a regola dei due membri dell’equipaggio nella cabina di comando). A più lungo termine, l’obiettivo è quello di ridurre ancora — fino, se possibile, a eliminare — lo spazio di azione dell’uomo, reo di essere inaffidabile. Tutto ciò è giusto.
A condizione che non si pensi così di poter rimuovere la questione di fondo: fin tanto che ci saranno esseri umani coinvolti in quello che facciamo (cioè nell’intera nostra vita personale e collettiva), il livello di sicurezza non potrà mai essere assoluto.
In realtà, il dramma del disastro aereo della Germanwings ci dovrebbe rimandare ad altre due considerazioni. In primo luogo, la sicurezza è una costruzione umana che come tale ci coinvolge come persone e comunità.
Al di là di tutto, rimane la questione dell’educazione in un mondo altamente tecnicizzato. Se non vogliamo consideca rare l’uomo semplicemente un problema, le nostre società devono tornare a dedicare più cura e più risorse alla formazione dei giovani.
Non basta formare bravi tecnici, occorre, soprattutto, formare persone. Ma su questo terreno, se vogliamo essere onesti, dobbiamo ammettere che negli ultimi anni sono stati fatti dei passi indietro.
La seconda considerazione riguarda la trascuratezza umana che caratterizza ormai gran parte dei luoghi di lavoro, dove a contare sono sempre più esclusivamente procedure, protocolli, tecnologie, performance. E dove la conoscenza delle persone — del loro carattere, della loro vita — è quasi rimossa.
Ad esempio, al di là dei certificati medici mai arrivati, rimane incredibile che nessuno si sia accorto della depressione del giovane pilota.
In conclusione, per quanto la nostra vita sociale sia sempre più mediata da sofisticati apparati tecnici, la variabile umana non può essere (per fortuna) cancellata. Invece di rimuoverla, forse dovremmo tornare a prendercene maggiormente cura.