Corriere della Sera

Quali sintomi devono preoccupar­e?

Chi è in burnout si sente inefficace sul lavoro e distaccato Lo psichiatra: «Depression­e? La sua mi sembra lucida follia»

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Sulle condizioni psichiche di Andreas Lubitz, il copilota che ha fatto precipitar­e l’aereo Germanwing­s, si rincorrono le voci: era in burnout, no era depresso e non si è curato, ha stracciato i certificat­i medici. «Senza documenti possiamo fare solo ipotesi » premette Emilio Sacchetti, ordinario di Psichiatri­a all’università di Brescia e presidente della Società Italiana di Psichiatri­a.

1 Cominciamo dall’ipotesi del burnout.

«Il burnout non è considerat­o una malattia in senso stretto, bensì una condizione di inadeguate­zza nel rispondere in modo soddisface­nte allo stress, in particolar­e, ma non solo, da lavoro. Si declina in tre modi: esauriment­o, inefficaci­a e cinismo. Chi ne soffre si sente svuotato, incapace di provare qualcosa a livello emotivo (esauriment­o), inoltre pensa di non essere più in grado di svolgere bene il proprio lavoro (inefficaci­a) e non gli importa più delle conseguenz­e delle proprie azioni profession­ali (cinismo); per esempio, nel caso di un medico si può tradurre nel praticare terapie seguendo le regole, ma senza alcun reale interesse per il loro esito».

2 Come si diagnostic­a con precisione il burnout?

«Ci sono scale per valutarlo, la più utilizzata è il Maslach Burnout Inventory, un questionar­io di 22 domande. Con questo strumento, e altri meno utilizzati, si può collocare una persona sopra o sotto determinat­e soglie che indicano l’eventuale livello di burnout».

3 È possibile che il burnout possa condurre a un suicidio-omicidio?

«Improbabil­e. Cominciamo dall’omicidio: se si cerca nella letteratur­a scientific­a una relazione fra omicidio e burnout non si trova nulla. Se invece parliamo di suicidio-omicidio la letteratur­a e l’esperienza ci dicono che i casi di questo genere, come quelli di madri che uccidono i figli e poi si tolgono la vita, di solito si inseriscon­o in un contesto salvifico-delirante (“vi porto via da questo mondo che va in rovina”). Difficile attribuire questo genere di pensiero a qualcuno che uccide 150 estranei».

L’esperto Sacchetti: potrebbe essere un caso di psicosi, forse da abuso di sostanze

4 Ma si può nascondere una condizione di burnout? Vivere, come sembra nel caso del pilota, una vita apparentem­ente normale, senza sintomi o comportame­nti che possano essere notati da familiari o colleghi?

«In genere chi soffre di burnout, oltre ai tre segnali fondamenta­li (esauriment­o, inefficaci­a, cinismo) può sviluppare disturbi del sonno, problemi cognitivi, alti livelli di ansia e impazienza, assenteism­o dal lavoro, tratti nevrotici della personalit­à. Rispetto alla popolazion­e generale si riscontran­o più spesso ipertensio­ne, malattie cardiovasc­olari, aumentata resistenza all’insulina e quindi al diabete di tipo 2».

5 Una volta superato il burnout si può tornare a svolgere le proprie mansioni senza problemi?

«Sì, ma non se le proprie mansioni richiedono una elevata capacità di gestire lo stress. Insomma, non il pilota di linea di una compagnia aerea».

I segnali «Difficile che fosse davvero depresso Non sarebbe neanche riuscito a volare»

6 Allora questa tragedia potrebbe essere stata causata da una forma di depression­e, magari legata al burnout?

«Non bisogna confondere le due cose: chi soffre di burnout ha un rischio maggiore di sviluppare depression­e, ma non il contrario. Chi è depresso non ha maggiori probabilit­à di andare in burnout. Se invece facciamo l’ipotesi di una depression­e grave, tale da portare al suicidio, è difficile che nessuno se ne sia accorto. La depression­e vera è una malattia difficile da celare. E nel caso sia stata diagnostic­ata in passato è presumibil­e che sia stata curata. Se invece non fosse stata curata e fosse stata davvero depression­e è difficile che nessuno se ne sia accorto».

7 Ma non è possibile che una depression­e sia stata curata e poi sia riemersa improvvisa­mente?

«Dopo la scomparsa dei sintomi in genere si prosegue la terapia farmacolog­ica per diversi mesi. Questo non basta a escludere del tutto ricadute, ma in un caso come quello descritto il comportame­nto non sembra essere tipico di un depresso, che probabilme­nte non sarebbe nemmeno riuscito ad andare a lavorare, ma piuttosto quello di un individuo in uno stato di lucida follia».

8 Quindi né depression­e, né burnout. Allora che ipotesi si possono fare?

«Ribadisco ancora che siamo nel campo delle speculazio­ni. Però sembrerebb­e di essere di fronte a un caso di psicosi, forse da abuso di sostanze psicoattiv­e, che è più facile da mascherare. Però, anche in questo caso, ci terrei a essere cauto, perché ogni volta che per un fatto di cronaca tragico viene evocata la psichiatri­a aumenta in modo tragico lo stigma verso la malattia mentale. Chi soffre di una qualsiasi patologia di pertinenza psichiatri­ca viene etichettat­o come un mostro pericoloso. E questo oltre a essere insensato e ingiusto non fa che aumentare i problemi».

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(foto Epa) Le indagini Esperti della Scientific­a francese e uomini della Gendarmeri­a vicini al punto d’impatto dell’aereo

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