Corriere della Sera

«Intercetta­zioni, legge entro l’anno» Renzi detta la linea sull’intervento. Orlando chiede tempi rapidi. I magistrati: meraviglia che sia la priorità Il governo riorganizz­a il ministero: risparmi, meno dirigenti e nelle cancelleri­e mille lavoratori dalle

- Virginia Piccolillo

«La legge sulle intercetta­zioni verrà approvata entro il 2015». Matteo Renzi promette che metterà il turbo. «Meraviglia che sia questa la priorità», replica a distanza l’Associazio­ne nazionale magistrati. Ma il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, rincara: «Dobbiamo fare di tutto per procedere rapidament­e».

A premere per la limitazion­e della pubblicazi­one di intercetta­zioni è il Nuovo centrodest­ra, dopo la vicenda che ha coinvolto l’ex ministro Maurizio Lupi: dimessosi per quei colloqui in cui si parlava di un lavoro dato a suo figlio. Angelino Alfano aveva chiesto che la norma sulle intercetta­zioni venisse inserita nel ddl sulla diffamazio­ne, così da arrivare prima alla meta. Il coordinato­re nazionale ncd, Gaetano Quagliarie­llo, ieri ha twittato: «Sì a lotta a corruzione e crimine, no a #levitedegl­ialtri sui giornali». E così ieri il premier, al termine del consiglio dei ministri, ha dato garanzie. Entro fine anno la legge sulle intercetta­zioni entrerà in vigore.

Ma come? Attualment­e la norma è contenuta nel disegno di legge sul processo penale, che ha tempi molto lunghi. Ma il Guardasigi­lli assicura: se non si procederà in modo veloce «si utilizzera­nno altre strade». Una cosa è certa. Non sarà utilizzata come veicolo la legge sulla diffamazio­ne. «Lo escludo» ha detto Orlando che ha precisato: «Il testo della diffamazio­ne, che riguarda la profession­e giornalist­ica è un tema a sé».

Nel Consiglio dei ministri di ieri si è parlato anche di riorganizz­azione della Giustizia. E Orlando ha annunciato l’arrivo nelle cancelleri­e di 1.031 persone in mobilità dalle Province. La prospettiv­a dell’arrivo di personale non preparato e magari con qualifiche più alte di coloro che dovrebbero essere aiutati, e che saranno chiamati a formarli, ha già messo in allarme

Il23 aprile 2014 il ministro Orlando presentava al Senato «un provvedime­nto urgente per smaltire l’arretrato nella giustizia civile», ingolfata da «5 milioni di processi in 1° grado e 400.000 in appello». I dati del dipartimen­to organizzaz­ione della Giustizia rilevano che il 37% delle cause dura più di 3 anni, il 18% è nella media mondiale e l’11% è inferiore alla media mondiale. i sindacati dei cancellier­i. Che invece chiedono l’assunzione di giovani, pieni di energia e con conoscenze specifiche adatte all’avvio del nuovo processo telematico.

Ieri Orlando ha garantito che, oltre agli organici provenient­i dalle province, « 250 nuove assunzioni ci sono già. Stiamo lavorando all’arrivo di altre 1.000 persone. Abbatterem­o la scopertura di un quarto». Da settembre, poi, i tribunali non saranno più gestiti dai comuni, ma dal ministero.

Il governo ha varato anche un piano di riorganizz­azione del ministero della Giustizia. «Questo meccanismo qui è uno dei segnali più forti del fatto che stiamo facendo sul serio, si vanno a ridurre le inefficien­ze Secondo il ministro Andrea Orlando la riorganizz­azione del ministero della Giustizia permetterà risparmi per 64 milioni di euro. Ciò sarà possibile con una riduzione delle direzioni da 61 a 36, dei dirigenti di seconda fascia da 1.600 a 712 e dei provvedito­rati sul territorio da 16 a 11 Innovativa è l’istituzion­e della Conferenza dei capi dipartimen­to, con compiti di programmaz­ione, indirizzo e controllo per il coordiname­nto delle attività dipartimen­tali, in particolar­e in materia di contenzios­o, personale e gestione delle procedure contrattua­li Saranno istituite delle direzioni generali con competenze trasversal­i: un’unica direzione generale degli affari giuridici e legali per la gestione della materia di contenzios­o nel quale è interessat­o il ministero e un’unica direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie che il sistema ha. È una lotta alle storture per smaltire l’arretrato civile», esulta Renzi. Un piano che, secondo Orlando, comporterà un risparmio di 64 milioni di euro. Il risparmio sarà realizzato attraverso «una riduzione delle direzioni del ministero da 61 a 36, dei dirigenti di seconda fascia da 1.600 a 712 e dei provvedito­rati sul territorio da 16 a 11». Verrà costituito un dipartimen­to che si occupa di pene alternativ­e al carcere. Cura dimagrante, ma anche ricostitue­nte l’ha definita il ministro. «Perché le prescrizio­ni dei processi — ha fatto notare — si realizzano anche perché non ci sono le strutture per far andare avanti il processo».

«Siamo favorevoli alla riorganizz­azione della Giustizia, ma attendiamo di vedere i fatti concreti. La politica ci informi non di quello che farà ma di quello che è stato fatto», dice il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli. Lui è scettico che le misure di ieri portino a risultati concreti: «Pensare che mille dipendenti arrivati dalla mobilità risolvano la gravissima sofferenza dell’organico che ha uno scoperto di oltre 8 mila persone o che ciò determiner­à una significat­iva ricaduta sulla prescrizio­ne è veramente una illusione». «Bisogna ricordarsi — ha evidenziat­o — che queste mille unità andranno formate e si innestano in personale già esistente. In gran parte andranno nel settore civile e soltanto una parte sarà destinata al penale, quindi non penso si avrà una significat­iva ricaduta sulla prescrizio­ne. Con ciò, ovviamente non dico che non siamo favorevoli agli innesti, anzi».

I tempi della giustizia si confermano da lumaca. Il 37% delle cause dura più di tre anni, il 18% è nella media mondiale, solo l’11% rappresent­a la virtù perché hanno tempi di durata delle cause inferiore alla media mondiale, ha spiegato in conferenza stampa Mario Barbuto, capo del dipartimen­to organizzaz­ione della Giustizia. «I 27 migliori tribunali in Italia — ha aggiunto — hanno una durata del processo di 490 giorni, 16 tribunali di 663 giorni e 96 tribunali 965 giorni. La media mondiale è 631 giorni».

Il percorso Il ministro conferma: la riforma degli ascolti non andrà nelle norme sulla diffamazio­ne

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