La coalizione sunnita intensifica i raid aerei sullo Yemen
I sauditi rafforzano le difese attorno ai pozzi. Voci di un arrivo del generale iraniano Suleiman
Con la città portuale di Aden circondata dalle milizie sciite Houthi, lo Yemen torna ad assumere le sembianze della divisione in due Stati precedente all’unificazione del 1990. Ma la grande differenza è che se ai tempi della Guerra Fredda lo scontro era tra sud-est filosovietico e nord-ovest pro occidentale, oggi la rottura riflette la sfida tra sciiti e sunniti che lacera il mondo islamico. In lotta non sono più Mosca e Washington, bensì gli schieramenti regionali che fanno a capo a Riad per l’universo sunnita e Teheran per quello sciita.
Questa la chiave per comprendere la campagna di raid aerei condotta con intensità crescente negli ultimi tre giorni dai sauditi assieme a Emirati, Bahrain, Kuwait, Qatar, Giordania, Marocco e Sudan. Nelle ultime ore sono state bombardate colonne e postazioni militari Houthi nelle loro roccaforti di al Jawf, ma anche a Sana’a e Aden. Sono segnalate nuove vittime civili, pare una quarantina (tra cui almeno sei bambini) con centinaia di feriti. Tanti scappano dalla capitale. Oggi a Sharm el Sheikh, nel Sinai egiziano, si riuniranno i rappresentanti dei 22 Paesi membri della Lega Araba per esaminare la situazione.
In cantiere ci sarebbe tra l’altro una forza di spedizione inter-araba composta da 40.000 uomini che potrebbe venire utilizzata in Yemen, il Paese più povero e montagnoso della Penisola Arabica. Ma la maggioranza Guida Il capo della Guardie rivoluzionarie Qassem Suleiman, 57 anni, con il walkie-talkie dei commentatori valuta che il progetto sia ancora in alto mare. L’elemento più certo resta l’acuirsi delle tensioni con Teheran. Tale è il clima di sospetto, che negli ambienti sunniti è ventilata la notizia secondo cui il generale iraniano Qassem Suleiman, capo delle Guardie rivoluzionarie, sarebbe in procinto di arrivare tra gli Houthi per contribuire alle loro avanzate. Se fosse confermato, si tratterebbe di una sfida aperta per Riad. Suleiman sino a pochi giorni fa era capo delle forze speciali dei Pasdaran impegnate contro l’Isis nell’assedio di Tikrit, in Iraq (dove il recente intervento aereo Usa ha provocato l’abbandono delle milizie sciite pur alleate ai governativi iracheni).
La crisi infiamma la regione. I sauditi rafforzano le difese attorno ai pozzi petroliferi. I loro portavoce militari si dicono decisi a «difendere il governo legittimo di Aden». Il presidente turco Erdogan usa parole di fuoco contro «l’espansionismo iraniano». Da Teheran accusano la coalizione sunnita di «fomentare il terrorismo». «Gli attacchi aerei devono terminare, impediscono la riconciliazione nazionale», ribadisce il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Intanto le avanguardie Houthi hanno aggiunto la cittadina costiera di Shaqra, creando problemi ai militari ancora fedeli al presidente yemenita Abd-Rabbu Mansour Hadi. Questi domani sarà al summit arabo. Sembra che per ora non intenda tornare in patria. Un appello al dialogo arriva dall’ex presidente Ali Abdullah Saleh, nel 2011 costretto alle dimissioni, adesso è schierato con gli Houthi.