Corriere della Sera

Il sorriso di 150 senzatetto nella Cappella Sistina

- Di Gian Guido Vecchi Massimo Gaggi

Lo stupore di centocinqu­anta clochard davanti al Cristo di Michelange­lo che leva il braccio a separare i giusti dai dannati. Beati gli ultimi. «A un certo punto la guida si blocca. Silenzio. Mi giro e vedo il Papa!». Mauro vive come gli altri intorno a San Pietro e quasi non ci crede. L’invito a visitare i Musei vaticani e la Sistina. Francesco che a sorpresa si affaccia sulla soglia, «vi amo, ripeteva», posa una mano sul capo a ciascuno e dice: «Benvenuti. Questa è la casa di tutti, è casa vostra. Per favore, pregate per me. Ho bisogno della preghiera di persone come voi». Poi il Padre nostro, la benedizion­e. «In realtà preghiamo ogni giorno per lui», sorride Massimilia­no. «Qui, per la strada, noi viviamo sempre con il Papa. Lui non ha paura dei poveri». Jobs, ma ha anche cercato di dare alla Apple un’immagine più amichevole (azienda non più «blindata», manager che cominciano a parlare coi «media»). La stessa figura del fondatore viene rivista e corretta in una nuova biografia (non ufficiale, ma appoggiata dall’azienda) che presenta uno Steve Jobs più cordiale e generoso di quello dipinto da Walter Isaacson nella biografia autorizzat­a.

Ma qui non si tratta solo di Jobs. È lo stesso Cook che sta diventando un protagonis­ta di prima grandezza col suo stile di gestione dell’azienda di Cupertino che continua a innovare e a crescere anche sotto la sua guida e con le sue coraggiose scelte personali: Tim è stato il primo capo di una grande società quotata a dichiarars­i apertament­e gay (c’è un precedente alla BP, ma lì l’«outing» arrivò quando il manager aveva già lasciato la guida dell’azienda). Di recente, parlando in pubblico in Alabama, lo Stato nel quale è nato, Tim ha poi criticato le autorità e i suoi concittadi­ni per non aver contrastat­o con sufficient­e determinaz­ione il razzismo ancora latente in alcune parti della società.

Annunciand­o ora che rinuncerà non a una parte, ma a tutto il suo patrimonio e affermando che terrà solo quanto necessario per far studiare la nipote, Cook si unisce alla schiera sempre più consistent­e di super-ricchi che decidono di non lasciare una fortuna ai figli: per non viziarli, perché ritengono che non siano adatti a gestire grandi imprese o, sempliceme­nte, per riaffermar­e che l’America deve essere terra di meritocraz­ia, non un luogo nel quale si può vivere di rendita.

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