LE REGOLE COMUNI PER IL DIRITTO AL CIBO
Caro direttore, vorrei che l’Italia — che oggi celebra a Firenze, nell’anno di Expo, il mosaico del talento italiano — facesse del diritto al cibo, al primo posto nella Carta di Milano, un punto d’onore della sua agenda internazionale. Capace, spentesi le luci di Expo e guardando a Dubai 2020, di illuminare per molti anni, una Milano capitale dell’alimentazione. È molto più che una coincidenza questo fatto che, a distanza di 20 anni, ha saputo legare l’impegno degli Stati all’imperativo di un’Expo, quella di Milano, la cui lingua parla ora le parole del cibo. Nel World Food Summit della Fao (Roma,1996) gli Stati si erano impegnati a dimezzare il numero degli 800 milioni di persone denutrite, proprio entro il 2015, e a dare corpo agli obblighi derivanti dal riconoscimento del diritto al cibo secondo la legislazione internazionale. Nel 1999, poi, Ecosoc (United nations economic and social council) ne offre una importante definizione, diversa dall’idea corrente che lo «riduce» a diritto a una minima razione di calorie, proteine ed altre sostanze nutrienti. Il cibo diviene «garantito», ed indica per tutti una possibilità di accedervi o ai mezzi per procurarselo.
Nel 2000, poi, gli Stati membri Onu, lanciano 8 obiettivi, ancora per il 2015. E il primo sarà contro «la povertà estrema e la fame». Ma sono ancora 805 milioni le persone che oggi soffrono la fame: 100 milioni in meno degli ultimi dieci anni, ma ancora lo stesso numero del 1996. Tanto che per Hilal Elver, Special Rapporteur di Ban Ki Moon sul diritto al cibo, siamo addirittura «andati indietro». Da qui l’idea del Milan Center for Food Law and Policy che proprio in Hilal Elver ha trovato un’autorevole sostenitrice.
Il diritto al cibo è dato per scontato; la sola efficacia che conosce nasce dalle «vie nazionali» che lo hanno costituzionalizzato (come Brasile ed India). Mentre c’è un urgente bisogno di regole minime, comuni, quelle che il linguaggio Onu affida alle «convenzioni multilaterali». L’Italia è una corazzata della cultura e dell’economia del cibo, con grande esperienza in tema di diritti nel consesso multilaterale. Ospita 4 importanti agenzie internazionali sull’alimentazione e si prepara all’Expo. Che cosa aspettiamo a muoverci? Il sostegno dei diritti umani, nel mondo, ha molto spesso avuto il tratto di una identità italiana e noi speriamo che, nel segno del diritto al cibo garantito, l’Italia affronti questa nuova battaglia. C’è una miscela di ragioni e sentimenti, di appuntamenti e destini che attraversa la nostra mente e ci fa dire che questa reputazione internazionale, grazie alla piattaforma rappresentata dall’Esposizione Universale, deve ritrovare ora a Milano, patria del diritto con Beccaria e culla dei diritti nelle prime prove di welfare italiano che la cultura socialista, laica e cattolica seppero offrire, una sua nuova radice e un nuovo slancio. Questo è il made in Italy che più ci piace e di cui siamo orgogliosi. presidente del Milan Center
for Food Law and Policy