«Mi hanno chiamata, ero incredula Così ho riappeso il telefono »
La nuova stilista di Hermès: la proposta mi ha dato le vertigini
La moda per sedurre? Concetto superato. Piuttosto l’abito complice delle donne. Per piacere a se stesse. Per sentirsi a proprio agio. Né preda, né cacciatrice Nadège Vanhee-Cybulski, la nuova stilista di Hermès, ha le idee chiare su chi e su cosa. Il giorno dopo il suo debutto a Parigi ha il volto disteso e un sorriso franco. Si intuisce che è soddisfatta e che non sa mentire. Di lei, lo premette, non vuole assolutamente dire nulla. Solo un cenno a un’adolescenza un po’ ribelle, fuori Parigi. La scelta di studiare ad Anversa, all’Accademia Reale delle Belle Arti. Un marito. Punto. L’età anagrafica dovrebbe essere 36 anni, nulla di ufficiale, però.
Solo una donna aveva guidata la corazzata Hermès (quasi 4 milioni e 200 mila euro di fatturato) in precedenza: fu madame Lola Prousac, nel ‘29, che fu anche la prima collezione di abiti della maison. Poi solo uomini. Non solo. Dici Francia e lusso, e pensi Hermès e la storia: una gran bella responsabilità. «La nomina all’inizio mi ha dato le vertigini, ma poi mi sono sentita una privilegiata. Da quando sono stata nominata da Hermès è iniziata un’avventura fantastica. Quando mi hanno chiamata ero in Giappone. All’inizio ero incredula, ho detto “vi richiamo” e ho messo giù il telefono. Poi però li ho richiamati subito!».
E dopo aver chiuso la telefonata, avrà pensato: e ora come vestirò la donna Hermès?
«Per me si tratta di vestire “le” donne, non una. Perché ognuna ha la sua sensibilità, la a sua ricchezza». Come capire queste donne? «Ci vuole intuizione e complessità. Questa mia prima collezione è un inizio, ho ancora a tanto da sviluppare. Hermès è una maison molto ludica, curiosa, audace, non si ferma mai. È anche molto generosa a nella sua volontà di trasmettere la ricchezza del suo savoir-faire. Io stessa ho visitato gli atelier degli artigiani, le tannerie (le concerie ndr), ho partecipato a incontri con gli artigiani pensati proprio per trasmettere questo expertise incredibile. Molti associano Hermès solo alla Birkin o alla Kelly (le borse iconiche ndr), ma è molto di più».
Una donna reale, ecco quello che si è visto al suo debutto
«E quello che voglio fare è proprio un “ultra realismo”: la a La giacca di pelo cocon laa ccinturinantu a L’abito scivolato Essenzialità delle linee donna deve essere a suo agio nel proprio abito, spontanea, intuitiva. Deve provare una sorta di simpatia per il vestito, che deve essere facile da indossare e deve aiutare ad avere fiducia in se stesse. Per me oggi la moda è portare una testimonianza dei nostri bisogni attuali. Amo lavorare su pezzi che siano perenni in un guardaroba. Mi piace pensare alla mia moda come una “complessità risoluta”». Uno stilista di riferimento? «Chi mi ha aperto gli occhi sono stati i giapponesi negli anni 80-90».
Gli stilisti (uomini) quasi tutti raccontano di aver cominciato facendo abiti per le bambole. E lei?
«Ho deciso di diventare stilista a 14/15 anni: i vestiti erano un modo per esprimersi in libertà, b un vettore di messaggi. Mi considero una persona “in movimento”, per questo ho studiato ad Anversa: città forte, piena di energia ma allo stesso tempo a dimensione umana».
L’esperienza con Martin Chi è Nadège VanheeCybulski, 36 anni, un marito, e studi a Parigi Margiela, lo stilista senza volto (negli ultimi 15 anni prima del suo ritiro decise di non mostrarsi in pubblico); poi Celine, con Phoebe Philo, stilista che incise molto sulla storia della moda; infine The Row, marchio americano molto cool. Esperienze incredibili.
«Ho conosciuto Margiela, con lui ho imparato tanto, ma vogliov rispettare la sua discrezione. Con Phoebe Philo ho vissutov la rinascita di una maison e la creazione di una nuova donna contemporanea, sì. Poi gli States e The Row, un altro orizzonte. Si può dire che ognuno di loro è un iconoclasta nel suo mondo».
Grande rispetto per la tradizione ma non tutti venerano gli archivi delle maison. AnziA alcuni li snobbano. Lei invece racconta di averci passato molto tempo in questi mesi.
«Ma gli archivi di Hermès sono la caverna di Alì Babà» e gli occhi le brillano ancora.