Corriere della Sera

Vivo in un ‘arca contempora­nea tra piante e pesci vegetarian­i

Italo Rota: «I giochi? Alcuni mi ricordano che ho cambiato gusti»

- Irene Soave

«Valgono anche duemila euro l’uno. Non è per questo che li tengo: mi piace guardarli seduto su un panchetto che mi sono costruito apposta. Mi fanno pensare». Poi i tre gatti, due Scottish Fold e un malese dal mantello di lince. Ma anche un migliaio di giraffe, elefanti, zebre, rinoceront­i in elaston, «una specie di bachelite che si produceva in Germania negli anni Trenta, riprodotti in un dettaglio che da solo fa capire la Germania di quegli anni».

Una tra le tante collezioni di casa Rota-Palli: ritratti di Mao, un Mike Bongiorno iperrealis­ta, libri su libri. «Ma non ho l’indole del collezioni­sta: amo ricercare gli oggetti, non possederli. Non amo nemmeno la casa: fosse per me vivrei in albergo. In periodi di crisi come questo la casa è un bene primario, una nicchia a conflitto zero in cui magari i genitori sono amici dei figli. Ma un certo tasso di dolore e violenza, in famiglia e in società, è inevitabil­e».

E infatti alcuni dei suoi oggetti Rota li trova «orrendi», come i giocattoli, «che tengo per ricordarmi che ho cambiato gusti. Costruiti dagli adulti per i bambini, raffiguran­o il mondo dei bambini secondo gli adulti, cioè un mondo ottuso». Si salvano giochi «da grandi» come i gigantesch­i pupazzi che formano il divano «Gli Amici» di Gaetano Pesce, un tucano, un facocero e un pesce rosso «comprati per 12 mila euro per resistenza politica: a un oggetto così lavorano in cinquanta, e il mercato per questi artigiani italiani dalle mani d’oro dobbiamo sostentarl­o, altrimenti vanno a riprodurre i Luigi XVI per i russi».

O come la Kaleidosco­pe House di fronte alla vetrata del giardino: una casa di bambola fluo con mobili giocattolo di design, firmati da Cindy Sherman, Ron Arad e Karid Rashim. «Ma ora è in disordine, ci dormono i gatti».

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