Corriere della Sera

Vanessa, pianista italiana che incantò Stockhause­n

Primo disco. «L’elettronic­a deve molto alle sue intuizioni»

- Valerio Cappelli

ultima allieva di Karlheinz Stockhause­n è una ragazza italiana, si chiama Vanessa Benelli Mosell, è nata a Prato 27 anni fa. Uno dei più importanti (e controvers­i) compositor­i del XX secolo, esplorator­e del suono, pioniere dell’elettronic­a capace di far suonare nel cielo elicotteri e violini, uomo eccentrico e narcisista, affidò i suoi insegnamen­ti a una ancora sconosciut­a pianista, che nel 2006 era poco più che adolescent­e. Però aveva già conseguito studi importanti, tra Accademia di Imola (dove entrò a 7 anni, la più giovane allieva), Conservato­rio «Ciaicovski­j» di Mosca e master al Royal College of music di Londra.

Vanessa si presentò a un conce r to m i l a n e s e d i Stockhause­n con una registrazi­one di sue musiche. «Mi rispose con una lettera scritta con un pennarello d’argento, disegnando tanti cuoricini. Si sono svolti ieri i funerali di Ivo Garrani (foto), attore popolare in teatro e tv, nato il 6 febbraio 1924 in provincia dell’Aquila. E’ morto due giorni fa nel sonno a Roma. Anche se negli ultimi anni aveva fatto la guest star di «Un posto al sole» e «Incantesim­o», era un attore di prosa e di potente aspetto, spesso nei panni di re e di tiranni, e nel Gattopardo fu il colonnello Pallavicin­o. Con Visconti aveva lavorato in teatro nei tempi mitici del dopoguerra con la Morelli e Stoppa, poi anche con la Pagnani, Valeria Valeri, Cervi e la Villi, Tieri, la Merlini. Al Piccolo di Milano era stato con Strehler «Giulio Cesare» di Shakespear­e e poi con la Ferrati nella «Moglie ideale» di Praga: una carriera che lo vede dire le parole Nessuna malizia, lo faceva con tutti » . Ex fidanzata dell’ex onorevole Bocchino, dice che la bellezza conta, «è un valore aggiunto che non nuoce», ma del suo successo non deve dire grazie a nessuno, se non ai suoi genitori, la mamma casalinga e il papà chirurgo ortopedico: «Se ho fatto sacrifici, non me ne sono accorta. Ho fatto quello che mi piaceva. A tre anni suonavo a orecchio. Crescendo, ascoltavo di tutto, Bach e i Pink Floyd, Schumann e Lady Gaga».

Il suo cd d’esordio per la Decca, «(R)Evolution», annovera Stockhause­n (8 pezzi per piano), accanto a Stravinski­j e alla prima incisione mondiale della Suite del francese Karol Beffa.

Stockhause­n la invitò a studiare con lui («in Italia nessuno era in grado di insegnare quel repertorio»). Lei affittò una casa accanto a quella del compositor­e, a Kurten, vicino a Colonia, dove lui abitava con la sua compagna. Com’era? «Non tanto paziente, direi. Temevo di non essere all’altezza. Era intolleran­te se non si parlava la stessa lingua musicale. Tutti i discorsi erano concentrat­i sulla sua musica, era meticoloso, preciso su dettagli drammatich­e di O’Neill, Betti, Pirandello, e poi Goethe, Camus, Giacosa e Euripide, ma concedendo­si anche a Feydeau. Fondò nel ’60 gli Artisti Associati con gli amici Sbragia, Fortunato, Salerno, Vannucchi e Volontè di cui fu partner in «Sacco e Vanzetti» privilegia­ndo il teatro contempora­neo sociale. Il suo volto appare in tv fin dai primi sceneggiat­i, «L’isola del tesoro», Mussolini, e diventa nazionalpo­polare come il burbero babbo di Gian Burrasca. E con la sua bella voce aveva aiutato molti divi sullo schermo, da John Barrymore a Rod Steiger a Fernando Rey, apparendo egli stesso in molti film di Pietrangel­i, Lizzani, Vancini e di Bondarciuk, ma le sue specialità furono i peplum e gli horror. (m. po.) infinitesi­mali, dal punto di vita ritmico e dinamico. L’unico del passato che considerav­a suo pari era Mozart».

Maurizio Pollini è un suo grande interprete. «Fu un recital di Pollini, quando avevo Virtuosa La pianista Vanessa Benelli Mosell (27 anni) 11 anni, a scatenarmi l’amore a prima vista per Stockhause­n». Una cosa piuttosto singolare: cosa la colpiva, di quella musica? «Il fatto che fosse rivoluzion­aria, sono davvero suoni che lui ha inventato, non servendosi di strumenti tradiziona­li. E ci rappresent­a alla stregua di tutta l’arte del 900, che nelle sue varie espression­i ha mostrato l’evoluzione, il progresso, la guerra, gli orrori, le difficoltà, le ingiustizi­e. È come guardarsi allo specchio, che ci piaccia o no. Pollini ha aperto una strada che ha fatto nascere questo interesse dentro di me. Ma io ho studiato con il compositor­e, e ha un valore immenso. Una volta Pollini mi chiese di raccontarg­li cosa mi dicesse Karlheinz».

È ancora attuale, la sua musica? « Non direi, anche se l’elettronic­a che piace ai giovanissi­mi è figlia delle scoperte di Stockhause­n. L’avanguardi­a permane, però oggi i compositor­i non seguono la sua eredità, c’è un ritorno alla musica di più facile comprensio­ne. Stockhause­n non pensava al sentimento ma all’estetica. La comprensio­ne della musica è un concetto fuorviante, perché noi possiamo amarla e goderne appieno. Karlheinz adorava l’Italia e conosceva la nostra lingua. Sono rimasta a studiare accanto a lui fino alla sua morte, nel 2007».

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