Corriere della Sera

Tra gestualità e creazione musicale Il mix che dà un’aura mitica al maestro

- Di Francesco Maria Colombo

Il primo documento che ci resta, di un grande direttore d’orchestra, risale al 1913. Protagonis­ta è Arthur Nikisch, capo della Filarmonic­a di Berlino. Ma non è un documento da ascoltare: è un documento da vedere, un filmato in cui Nikisch dirige un’immaginari­a orchestra senza che alla visione si possa associare una musica. Non sappiamo cosa stia dirigendo, ma lo possiamo guardare: e in questo paradosso che coinvolge, dissociand­oli, la vista e l’udito, c’è tutto il mistero della direzione d’orchestra.

Cosa fa il direttore? Comunica le intenzioni attraverso un gesto, che in parte segue una segnaletic­a codificata, e in parte è invece qualcosa di indefinibi­le. Non fa musica direttamen­te, fa dei gesti vedendo i quali l’orchestra produce qualcosa che si ascolta. +Come possono stare insieme due cose tanto diverse? È un’incongruen­za che pone il direttore in bilico fra un alone divino e una patente di ciarlatane­ria (l’afi finità tra artista e pagliaccio posta da Thomas Mann nel Felix Krull). È un uomo ispirato che sta imponendo misteriosa­mente la propria volontà ad altri esseri umani? Oppure sta facendo uno show a spese dell’orchestra? In questa contraddiz­ione sta il suo mito.

Naturalmen­te è possibile distinguer­e l’artista dal ciarlatano in base ai risultati, ma non lo si potrà mai fare del tutto, perché al direttore d’orchestra è impossibil­e fare a meno di dar spettacolo intorbidan­do la musica con un principio esteriore che attiene alla visione, scendendo a compromess­i con ciò che si vede e legandolo a ciò che si ascolta. Questo elemento eteroclito non si può eludere perché è proprio col gesto che il direttore lavora. Nikisch era, a detta di tutti, un musicista severissim­o: ma ha accettato di farsi filmare mentre dirige una musica muta (con effetto intimidato­rio e lievemente comico) perché «senza agitare le braccia» non potrebbe fare il proprio mestiere.

Il rapporto tra la gestualità e l’esito musicale è stato declinato in modi diversissi­mi secondo I due caratteri A sinistra, il gesto elegante e austero di Evgenij Mravinskij. Sotto, l’inconfondi­bile sagoma alonata di luci di Leopold Stokowski in «Fantasia» caratteri, le epoche, i contesti. Con Nikisch studiarono due maestri agli antipodi fra loro: Fritz Reiner, che dirigeva in pochi millimetri di spazio, e Leopold Stokowski, che dirigeva alonato di luci azzurre, con gesto da Zeus Olimpio. Negli anni 50 e 60 si registrava una diffusa sobrietà; oggi c’è un ritorno della direzione come show, come spettacolo da guardare e non solo da ascoltare. La moda è quella dei direttori giovani, carini e molto occupati, la cui chioma, i cui sorrisi sul podio e fuori, le cui bluse luccicanti e le cui bacchette talvolta bischerrim­e danno ragione del successo.

Per chiudere: si cerchi su YouTube un qualsiasi video di Evgenij Mravinskij, genio della direzione, gesto di un’austerità sdegnosa. Poi si digiti «What the orchestra sees or the dancing conductor» e si vedrà un giovane maestro alla Volksoper di Vienna, che sballonzol­a, fa delle facce incredibil­i, danza, ammicca, volteggia. È tutto necessario alla musica? Forse no (forse sì): certo è uno spettacolo esilarante, irresistib­ile. Tutto da vedere.

Nikisch, nel 1913, si fa riprendere in un filmato ma non vuole aggiungere l’audio Dal podio impossibil­e non intorbidar­e la musica con un principio esteriore

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