Stein: «Wozzeck, Parsifal Con lui magia, poi il litigio»
Verdi amatissimo da Abbado, che già l’aveva diretto alla Scala nello storico allestimento di Giorgio Strehler.
«Per qualità di lavoro è stata la nostra esperienza più completa. Abbiamo condiviso ogni momento della preparazione. Un mese intero per provare, con Claudio totalmente rilassato e disponibile. Giorni di pura felicità» ricorda Stein. Edizione di essenziale eleganza visiva e pari incanto musicale accolta a Salisburgo con oltre un quarto d’ora di applausi. «Si era instaurato tra noi un tale legame che, durante le prove del Simone, Abbado mi propose un terzo titolo, Parsifal ».
Ma Wagner non è nelle corde di Stein. «Non mi è mai piaciuto, in particolare quell’opera. Non sopporto l’ideologia che vi sta dietro, il suo misticismo religioso… Mi spiace, non posso farlo, dissi a Claudio». Poi però Abbado si ammala. E quando torna sul podio dei Berliner, fragile e provato, Stein ci ripensa. Decide il grande passo, accettare la sfida wagneriana. «Facciamolo pure, dissi. Era il mio modo di fargli intendere che gli ero vicino, che per lui avrei affrontato persino la lancia di Parsifal».
Le sei ore dell’opera non intimoriscono certo uno come Stein, che pochi mesi prima aveva portato in scena il titanico «Faust» di Goethe, versione integrale, 21 ore. Ben consapevole che Abbado si cimentava per la prima volta con «Parsifal» e che per lui sarebbe stata l’opera di congedo dal Festival di Pasqua, Peter strinse i denti e si rimboccò le maniche.
«L’ho messo in scena a regola d’arte, nel modo più fedele possibile. Non so se quell’allestimento sia davvero piaciuto a Claudio, ma per me è stata una
Potere Il «Boccanegra» al Comunale (2002) diretto da Abbado-Stein continua sofferenza».
Alla fine, per un crudele scherzo del destino, è però il «Boccanegra», l’opera che li aveva realmente accumunati, a separarli. Nato in coproduzione con il Maggio Musicale, il «Simone» verdiano approdò l’anno dopo prima a Ferrara e poi a Firenze. «E lì sono nati grandi problemi», svela Stein, in questi giorni impegnato a Roma nelle prove di « Der Park» di Botho Strauss, debutto il 4 aprile al Teatro Argentina, nel cast Maddalena Crippa.
«La scena del Comunale fiorentino — riprende il regista — era molto diversa da quella di Salisburgo e l’allestimento doveva essere ripensato. Ma nessuno mi interpellò in proposito. Claudio intervenne a cambiare scene e luci secondo i suoi criteri, senza avvisarmi. Ci restai malissimo e non gli nascosi il mio disappunto».
Naturalmente anche Abbado non la prese bene. Lo scontro tra due personalità così forti e intransigenti fu irrimediabile. «Il nostro rapporto finì così. Da allora non ci siamo più riconciliati. E ancora mi spiace molto. Da un lato lavorare con lui è stata una bellissima esperienza, dall’altro no. La sua passione per la regia era molto stimolante ma talora anche ingombrante. Io non mi permetterei mai di suggerire a un direttore un tempo di esecuzione, ma pretendo lo stesso rispetto per il mio lavoro».
Abbado voleva discutere ogni dettaglio della messa in scena. A Salisburgo con lui un sodalizio di pura felicità Ci aveva accomunati il Simon Boccanegra ma per la sua ripresa al Maggio cambiò scene e costumi senza avvisarmi. Ci restai malissimo