Corriere della Sera

I GERARCHI DEL REICH RIUNITI A WANNSEE LA MINUZIOSA ORGANIZZAZ­IONE DELL’ODIO

- Porfirio Russo porfirio.russo@live.it

Ero convinto che la soppressio­ne degli ebrei nel Terzo Reich fosse stata decretata durante la conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942. Avevo letto anche le opinioni degli «intenzioni­sti» e di alcuni che, come Lucy Davidovitz, sostenevan­o l’intenzione di Hitler di attuare la strage già molti anni prima, ma non ero rimasto convinto. Però la lettura de Il protocollo del Wannsee e la soluzione finale di Mark Roseman mi ha fatto sorgere dei dubbi: la riunione dei 15 gerarchi altolocati, tra cui Heydrich ed Eichmann, pare fosse priva di significat­o in quanto le decisioni erano state già prese. Potrebbe dare una spiegazion­e sulla questione? Caro Russo, giudicare dal processo verbale (in tedesco Protokoll), pubblicato in calce al saggio di Roseman apparso presso Corbaccio nel 2002, quella che si tenne a Wannsee, nel gennaio del 1942, fu una riunione d’informazio­ne e coordiname­nto. Le persone invitate da Reinhardt Heydrich, capo dei maggiori servizi di sicurezza del Reich, erano quasi tutte burocrati di rango elevato, spesso responsabi­li di vasti territori nell’Europa occupata. Potevano fare domande e avanzare proposte, ma il piano per la eliminazio­ne dell’ebraismo europeo era già stato approvato e poteva subire tutt’al più

Aqualche modifica suggerita da criteri di opportunit­à.

Heydrich esordì ricordando che il piano iniziale del governo tedesco era stato l’emigrazion­e. Bisognava indurre gli ebrei ad andarsene costringen­do le associazio­ni ebraiche, in Germania e altrove, a sobbarcars­i le spese del viaggio. Fu questo, per esempio, il compito di Eichmann a Vienna dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nel marzo del 1938. Fra la presa del potere nel 1933 e il 31 ottobre del 1941 gli ebrei espulsi furono 573.000 di cui 360.000 provenient­i dalla Germania vera e propria, 147.000 dall’Austria e 30.000 dal Protettora­to di Boemia e Moravia.

Heydrich ricordò altresì che la politica dell’emigrazion­e era stata sospesa durante la guerra «per motivi di sicurezza». Alludeva probabilme­nte alla possibilit­à che l’ emigrato ebreo portasse con sé, lasciando il Terzo Reich, un patrimonio di notizie e esperienze profession­ali che sarebbe stato utile al nemico. Esisteva tuttavia, grazie all’invasione dell’Unione Sovietica, una nuova opzione: quella di inviare gli ebrei nei territori occupati dell’est. Sarebbero vissuti in nuovi ghetti e campi di concentram­ento, sarebbero stati utilizzati soprattutt­o per la costruzion­e delle strade e il loro numero sarebbe stato «naturalmen­te» ridotto dalla durezza del lavoro. Questa non era ancora, tuttavia, la «soluzione finale». Nella riunione del Wannsse, Heydrich annunciò più volte questa «terza fase», ma dal processo verbale non risulta che abbia fornito maggiori particolar­i. È possibile che le modalità dell’annientame­nto, nel gennaio, non fossero state ancora messe definitiva­mente a punto. Ma è altrettant­o possibile che il processo verbale (ne furono fatte 30 copie) sia stato ripulito per ragioni di prudenza.

Dopo la lettura del saggio di Roseman, caro Russo, le consiglio quella di un altro libro — Charlotte di David Foenkinos — pubblicato recentemen­te da Mondadori e dedicato alla breve vita di una tormentata e geniale artista berlinese, Charlotte Salomon. È scritto come un romanzo, ma la storia della sua famiglia negli anni Trenta, il diverso destino dei suoi membri, le varie fasi della politica antisemita del regime nazista emergono con chiarezza. Vi sono anche molte pagine in cui la protagonis­ta del romanzo vive, dopo la sua partenza da Berlino, in quella parte della Francia meridional­e che le clausole dell’armistizio del 1940 avevano assegnato all’amministra­zione militare dell’esercito italiano. Qui l’atteggiame­nto adottato verso gli ebrei era alquanto diverso da quello delle zone tedesche, e le più favorevoli condizioni di vita avevano attratto un gran numero di nuovi esuli. L’armistizio italiano dell’8 settembre 1943 mise bruscament­e fine a questo felice interludio. L’immediato trasferime­nto all’est degli ebrei che abitavano la zona italiana trasforma in vita vissuta ciò che nel Protocollo del Wanssee è soltanto spietata e inumana burocrazia.

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