di Danilo Taino ed Elena Tebano
In casa di Lubitz trovati certificati medici strappati Era ancora in cura per esaurimento in una clinica Aveva ordinato 2 auto: una per sé e una per la sua ragazza
Andreas Lubitz era malato. E non voleva farlo sapere. La polizia ha trovato nella sua casa di Düsseldorf e in quella dei genitori certificati medici strappati da cui si capisce che il copilota che martedì ha fatto schiantare in Provenza il volo Germanwings con 150 persone a bordo era ancora in cura e non poteva volare. I dubbi dei parenti delle vittime: Lufthansa sapeva?
DÜSSELDORF Il mistero della mente di Andreas Lubitz resterà per sempre tale. Ma, di sicuro, il copilota della Germanwings, che martedì ha trascinato alla morte 149 persone, dentro di sé combatteva una guerra. Forse più d’una. I pezzi della realtà in cui ha vissuto negli ultimi tempi vengono lentamente alla luce e qualcosa iniziano a raccontare. Era malato, più di quanto era stato detto fino all’altro ieri: esaurimento nervoso, depressione che nascondeva ad amici e azienda. Ma forse c’era qualcosa di più.
Secondo un’indiscrezione raccolta dal Corriere, la sua bionda e graziosa fidanzata, con la quale viveva a Düsseldorf, era incinta. Potrebbe essere questa la scossa che ha terremotato il suo incerto equilibrio? Che ha minacciato le idee di carriera, di fitness, di giovinezza, di futuro che, a 27 anni, lo sovrastavano? Ciò che ha fatto scattare, in una mente già destabilizzata, la reazione contro la vita? Secondo quotidiano
Sotto accusa Andreas Lubitz, 27 anni, era il copilota del volo che si è schiantato: secondo gli inquirenti è lui il responsabile (foto Olycom)
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Bild, Lubitz aveva avuto «una pesante crisi di coppia con la ragazza», una «pena d’amore che lo aveva segnato profondamente».
«Anni fa, con la scuola siamo andati a fare un’esercitazione di volo sulle Alpi, non lontano dal luogo dell’incidente — ci ha raccontato ieri Dieter Wagner, del club aeronautico Lcs Wsterwald di Montabaur, il paese d’origine di Lubitz —. Le Alpi francesi gli piacevano molto e quella è una zona dove si va spesso a volare con gli ultraleggeri, perché ci sono buone condizioni » . Secondo il francese Metronews, un amico dei genitori del copilota ha raccontato che Lubitz già a nove anni aveva frequentato l’aeroclub di Sisteron, a qualche decina di chilometri da dove martedì ha poi schiantato l’A320. Una frequentazione durata dal 1996 al 2003, che forse ha lasciato il luogo impresso nella sua mente.
Lubitz sapeva di essere malato. E non voleva farlo sapere. Chi ha problemi fisici o psichici non può — non potrebbe — portare un aereo, ne era ben conscio. Nella perquisizione fatta dalla polizia nella sua casa di Düsseldorf, in una palazzina bianca a due piani in un quartiere residenziale, e nella casa dei genitori a Montabaur, sono stati trovati documenti medici in base ai quali si capisce che non solo l’uomo era ancora in cura — e non uscito dalle sue crisi come si era detto — ma soprattutto che non era in condizione di volare. «I documenti sequestrati — ha detto la procura — indicano l’esistenza di una malattia e di una cura prescritta dai medici. Il fatto che ci siano certificati di malattia in cui si diceva che non era in grado di lavorare, tra le altre cose ritrovati strappati, fa presumere che il deceduto nascondesse la propria malattia al datore di lavoro e ai suoi colleghi».
Quanto grave fosse la malattia, di che genere fossero i disturbi non è ancora stato precisato dagli investigatori. Si sa che qualche anno fa aveva avuto un esaurimento nervoso. E — ha detto ieri un ragazzo suo vicino di casa al quotidiano Rheinische Post — «da quel che mi risulta soffriva di depressione». Di sicuro, si può dire che non avrebbe dovuto volare e che ciò era chiaro anche già prima della tragedia, almeno ai medici. Si è anche saputo che negli scorsi due mesi e fino a una decina di giorni fa Lubitz è stato in cura presso l’ospedale universitario di Düsseldorf: la direzione dell’ospedale ha però negato che la ragione fosse una malattia depressiva.
A Düsseldorf il copilota viveva con la fidanzata, un’insegnante di scuola secondaria, al secondo piano di una palazzina bianca in Zum Hexenkotten, strada di un villaggio residenziale fuori città, vicino a un lago: tanti sentieri e prati per correre. Sulla cassetta della posta, due nomi, Lubitz e Goldbach, quello della fidanzata. Il Rheinische Post racconta che poche settimane fa, Lubitz ha ordinato due Audi, una per sé e una per la fidanzata: curioso per chi pensa di avere una vita breve davanti, ma non necessariamente contraddittorio. Si cerca di capire, di dare una ragione se non razionale almeno comprensibile a quello che è successo. Difficile, forse impossibile.
La testimonianza «Con la scuola di volo avevamo fatto delle esercitazioni sopra il luogo dello schianto»