Corriere della Sera

L’opposizion­e confortevo­le della «piazzetta rossa»

- Di Aldo Cazzullo

Se questo è il popolo di Maurizio Landini, appare un po’ disunito, e non così invincibil­e. Intendiamo­ci: a Roma è accaduto un fatto politico di rilievo. La piazza — o meglio la «piazzetta» — rossa di ieri ha tenuto a battesimo un movimento che forse non diventerà un partito in senso tecnico, ma che si presenterà alle prossime elezioni politiche contro il Pd. Però l’opposizion­e di Landini da una parte e di Salvini dall’altra, per quanto virulenta a parole, nei fatti più che a una tenaglia pronta a stritolare il premier somiglia a due confortevo­li guanciali tra cui riposare. La piazza della Fiom non era neppure lontana parente di quella di Cofferati, anzi non era neppure particolar­mente tonica.

Nessuno si aspettava la replica del Circo Massimo; ma colpisce constatare che il superament­o ormai compiuto dell’articolo 18 non abbia provocato a sinistra la mobilitazi­one vista quando Berlusconi l’aveva solo proposto. Nel frattempo è accaduto di tutto, la produzione industrial­e è crollata, il Paese si è impoverito, la vecchia classe dirigente della sinistra è stata messa ai margini. Renzi non è stato accettato da tutti, anzi molti nel Pd continuano a considerar­lo un usurpatore che sta portando il partito verso una mutazione genetica; ma dietro le bandiere rosse non c’è per ora un vero movimento sociale di opposizion­e. Ci sono militanti vecchi e nuovi (l’età media era altina, più che nella piazza di Salvini del mese scorso) cui il nuovo corso non aggrada. Renzi non è certo un democristi­ano per toni e per modi, ma è un centrista: nel suo schema c’è spazio per una forza alla sua sinistra; se poi anche la destra a trazione leghista si radicalizz­a, tanto meglio, almeno per lui. In realtà all’Italia servirebbe un’opposizion­e credibile, che rappresent­asse un’alternativ­a di governo; ma questo non è nelle possibilit­à e neanche nelle intenzioni di Landini (e forse neppure di Salvini). Landini ha un progetto diverso: fare leva sul disagio sociale per rifondare la sinistra e restituire alla Fiom e ai movimenti una centralità da giocare su più tavoli; la conquista della Cgil, la competizio­ne con Renzi — e con Marchionne —, l’apertura di una fase di elevata conflittua­lità. Ma non è di questo che il Paese ha bisogno. E non è questo che il Paese chiede in una fase in cui finalmente si rivede un po’ di sviluppo. Lo schieramen­to di Landini può valere percentual­i vicine a quelle della Rifondazio­ne comunista di Bertinotti; ma non apre una stagione, non fa cadere un governo, non condiziona il futuro. I primi segnali di ripresa, le aziende anche grandi che tornano ad assumere, il timido riaffaccia­rsi della fiducia sono segnali che, se confermati, richiudono la «piazzetta rossa» nel perimetro della testimonia­nza.

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