Gli occhi malati e la profezia di Lubitz: sarò famoso
Il racconto choc di una sua ex fidanzata: di notte si svegliava urlando «stiamo precipitando»
Andreas Lubitz, il copilota della Germanwings che secondo gli investigatori martedì ha fatto schiantare l’Airbus A320 della compagnia sulle Alpi francesi, uccidendo se stesso e 149 tra membri dell’equipaggio e passeggeri, aveva un problema agli occhi così serio da pregiudicare il suo lavoro: forse aveva già perso il 30% della capacità visiva. E voleva che nessuno si dimenticasse di lui: «Un giorno tutto il mondo si ricorderà di me, conoscerà il mio nome», aveva promesso alla sua ex ragazza. Che ha rivelato: «Mi disse: “Farò qualcosa che cambierà tutto il sistema”».
DÜSSELDORF Un uomo bruno si affaccia alla finestra e alza la voce: «Smettetela di suonare, qui vivono delle persone». Poi chiude le imposte della casa, bianca e ordinata come tutte le altre in questo quartiere immerso nel verde alla periferia di Düsseldorf.
Non c’è niente di straordinario nella villetta multifamiliare in cui fino a martedì scorso viveva anche Andreas Lubitz, così simile a quella dei genitori in cui era cresciuto 150 chilometri più a sud, a Montabaur. Pure lui, raccontano i vicini, era così: «Per niente appariscente», «ordinario», «uno come tanti».
Invece il copilota della Germanwings, che secondo gli investigatori martedì ha fatto schiantare l’Airbus A320 della compagnia sulle alpi francesi, uccidendo se stesso e 149 tra membri dell’equipaggio e passeggeri, voleva che nessuno si dimenticasse di lui: «Un giorno tutto il mondo si ricorderà di me» aveva promesso il 27enne alla sua ex ragazza. «Mi disse: “Farò qualcosa che cambierà tutto il sistema, e tutto il mondo conoscerà il mio nome”. Non sapevo cosa intendesse, ma adesso ho caproblemi pito», ha affermato la donna, 26 anni, intervistata dal quotidiano tedesco Bild. E ha raccontato di aver interrotto la relazione con lui, iniziata l’anno scorso, dopo pochi mesi perché « aveva problemi. Quando parlavamo all’improvviso si arrabbiava e mi urlava contro, la notte si svegliava gridando “precipitiamo” — ha aggiunto —. Se ha fatto quello che ha fatto, è perché ha capito che a causa dei suoi
Lo scatto
Andreas Lubitz, 27 anni, in un selfie davanti allo specchio del bagno: il copilota del volo Germanwings da Barcellona a Düsseldorf martedì ha portato l’aereo a schiantarsi sulle Alpi. In alto, un modellino in ricordo delle 150 vittime di salute il suo grande sogno di lavorare per Lufthansa, di diventare capitano e pilota di lunga distanza, era praticamente irrealizzabile».
Ieri il procuratore francese Jean Pierre Michel, che affianca a Düsseldorf gli inquirenti tedeschi, ha tenuto a precisare che non può ancora essere scartata la pista di «un guasto tecnico», e che quella di un gesto volontario da parte del copilota «non è l’unica ipotesi», anche se, ha ammesso, «siamo in possesso di un certo numero di elementi che ci permettono di avanzare su questa pista, che è molto seria».
E forse la chiave di un gesto impossibile da comprendere sta proprio nel fragile equilibrio psicofisico del copilota con l’ossessione di volare.
Tra il materiale prelevato nei giorni scorsi dalla polizia nella sua abitazione ci sono anche, scrive oggi la Welt am Sonntag, psicofarmaci e appunti personali dai quali emerge che Lubitz mostrava «sintomi di stress eccessivo». Ma soprattutto le prove — hanno rivelato al New York Times due ufficiali coinvolti nell’inchiesta — che Lubitz aveva un problema di vista, così serio da pregiudicare il suo lavoro di pilota. Forse, sostengono indiscrezioni di stampa, aveva già perso il 30% della capacità visiva. Non è chiaro di quale tipo di disturbo si trattasse, ma è certo è che Lubitz (come mostrano i certificati trovati strappati o appallottolati tra le sue cose) aveva cercato il parere di più specialisti. «Noi non ci siamo mai accorti di niente: mio marito è oculista e lui non gli ha mai chiesto niente — racconta adesso una donna che abita di fronte alla sua villetta —. Se
Le indagini Il procuratore francese: «Non può essere ancora scartata la pista del guasto tecnico»
davvero è così, non avrebbe potuto più volare: le regole per i piloti su questo sono ferree».
Lubitz ci era già passato una volta, nel 2009, quando aveva dovuto interrompere l’addestramento negli Stati Uniti, a causa della depressione. Forse non poteva pensare di vivere senza il volo.