Corriere della Sera

La giostra della giustizia per un delitto senza castigo

L’assoluzion­e di Amanda e Raffaele La vicenda giudiziari­a conclusasi venerdì lascia sconcertat­i: perché si è consumata con troppa lentezza; perché ci sono vittima e reato, ma non il reo; per l’estenuante ping pong di tanti verdetti contrastan­ti

- Di Michele Ainis

Il processo sull’omicidio di Meredith Kercher, con il suo esito finale raggiunto venerdì, lascia frustrati. Perché la vicenda giudiziari­a s’è svolta a passo di lumaca; perché ci sono vittima e reato, ma l’unico condannato — Rudy Guede — lo è stato per omicidio «in concorso» non si sa con chi; per i molti verdetti contrastan­ti. In questa sconfitta della giustizia risiede però anche la sua vittoria.

Per trovare la giustizia bisogna esserle fedeli, diceva Calamandre­i: come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede. Dopo l’ultima vicenda giudiziari­a, difficilme­nte questa Dea guadagnerà nuovi proseliti. Perché il processo sull’omicidio di Meredith Kercher sconcerta anzitutto per i numeri, capriccios­i come quelli del lotto. Quasi 8 anni per risolverlo, 5 giudizi, 2 sentenze opposte delle Corti d’assise di Perugia e di Firenze, 3 interventi della Cassazione. Appelli e contrappel­li, mentre intanto quel processo diventava un caso internazio­nale, con americani e inglesi a fare il tifo gli uni contro gli altri. E mentre s’accendeva l’attenzione pubblica, con 2 film, 9 libri, migliaia di resoconti sui giornali. Quattro anni trascorsi in una cella per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, i presunti colpevoli. Infine la loro assoluzion­e: delitto senza castigo. O meglio con un mezzo castigo, giacché nel frattempo era stato condannato in via definitiva Rudy Guede, per «concorso in omicidio». Ma con chi concorreva il concorrent­e? Vattelappe­sca.

Da qui la frustrazio­ne che ci lascia in corpo la vicenda. Perché intanto si è consumata a passo di lumaca; e la giustizia tardiva è sempre una giustizia negata, come recita una massima della Corte suprema statuniten­se. Perché in secondo luogo c’è la vittima, c’è il reato, ma non c’è invece il reo. Perché in terzo luogo i giudici ci hanno somministr­ato un ping pong di verdetti contrastan­ti, e chissà se ne hanno scritto almeno uno veritiero. Eppure in questa sconfitta della giustizia risiede altresì la sua vittoria. Il vero e il falso, ahimè, albergano in un nido d’ombra. E la verità giudiziari­a non è meno opinabile della verità storica, filosofica, scientific­a. Ecco perché ogni sentenza può venire ribaltata dalla sentenza successiva: per controllar­ne prove ed argomenti, per ottenere, se non la verità, almeno una verifica. Ma quest’esame non può rimbalzare all’infinito, a scapito della certezza del diritto. L’ultima sentenza diventa perciò definitiva, giusta o sbagliata che sia. Ed è esattament­e qui il bene giuridico e civile che ci ha offerto la Cassazione: ha scritto la parola fine a questa storia, o quantomeno alla storia di Amanda e Raffaele. Che poi siano davvero innocenti lo sapranno solo loro, insieme al Padreterno.

Noi, però, almeno una cosa la sappiamo. Sappiamo che in Italia il riesame giudiziari­o è come la tela di Penelope. Troppi appelli, troppi rimpalli da una Corte all’altra. È questo accaniment­o nella ricerca d’una verità impossibil­e che scuote la fiducia popolare in giudici che si contraddic­ono a vicenda, che allunga a dismisura i tempi delle loro decisioni, che brucia i processi con la prescrizio­ne. Altrove non è affatto una regola scolpita sulla pietra. In Spagna, nel Regno Unito, in Germania, in Francia, l’appello viene consentito solo in casi circoscrit­ti. Negli Usa ne hanno pieno diritto unicamente i condannati a morte. Laggiù, del resto, la Corte suprema riceve 80 casi l’anno; la nostra Cassazione ne assorbe 80 mila. Eppure l’antidoto verrebbe in mente anche a un bambino: se un tribunale ti dichiarerà innocente (come accadde nel 2011 per Amanda e Raffaele), nessun altro tribunale avrà più di che dichiarare. Fine della giostra.

La giostra da fermare La Corte suprema Usa riceve 80 casi l’anno; la Cassazione, in Italia, 80 mila. La soluzione? Nessun appello dopo un verdetto di non condanna

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