Corriere della Sera

Anatomia di un verdetto

- Di Fiorenza Sarzanini

Meredith Kercher

Studentess­a inglese, era iscritta all’Università di Leeds. Aveva 22 anni e si trovava a Perugia per il programma Erasmus

Un nuovo processo non avrebbe potuto accertare la verità sul delitto di Meredith Kercher. Il «complesso probatorio era talmente contraddit­torio» da rendere impossibil­e il superament­o dei dubbi e delle incongruit­à. Per questo, dopo otto ore di discussion­e, i giudici della quinta sezione della corte di Cassazione, sono stati tutti d’accordo sull’annullamen­to della condanna a 28 anni e sei mesi per Amanda Knox e a 25 anni per Raffaele «senza rinvio».

«Assurdo», questa la linea condivisa, sarebbe stato «disporre un nuovo dibattimen­to potendo contare su indizi così labili». Il collegio presieduto da Gennaro Marasca ha anche ritenuto «non vincolante» la precedente sentenza della Cassazione che nel marzo di due anni fa aveva ordinato un nuovo giudizio, nella convinzion­e che la propria pronuncia dovesse valutare esclusivam­ente il verdetto raggiunto in appello a Firenze il 30 gennaio di un anno fa, quello per cui Amanda e Raffaele erano stati giudicati colpevoli di omicidio. Si chiude dunque per sempre la possibilit­à di scoprire che cosa accadde davvero nella villetta di via della Pergola il primo novembre del 2007. L’unico responsabi­le rimane Rudy Guede, condannato a sedici anni di carcere e — dopo averne scontati quasi la metà — già pronto a chiedere permessi per il lavoro esterno.

Otto lunghi anni non sono stati sufficient­i a fare luce sui lati oscuri di una storia che rimane tuttora segnata da troppi misteri. E sono almeno quattro gli interrogat­ivi rimasti insoluti, ai quali sembra ormai impossibil­e trovare delle risposte convincent­i.

Rudy Guede

Nato in Costa d’Avorio, oggi ha 28 anni. È stato condannato in via definitiva — dopo aver chiesto il rito abbreviato — a 16 anni Firenze di individuar­li e scrivono: «Bisogna porre rimedio, nella più ampia facoltà di valutazion­e, agli aspetti di criticità argomentat­iva operando un esame globale e unitario degli indizi», specifican­do poi la necessità di «sommare e integrare ogni indizio con gli altri». Poi aggiungono: «L’esito di tale valutazion­e osmotica sarà decisiva non solo a dimostrare la presenza dei due imputati sul luogo del delitto, ma eventualme­nte delineare la posizione soggettiva dei concorrent­i del Guede».

Un obiettivo che evidenteme­nte non è stato raggiunto. La perizia medico legale ha accertato che Meredith ha subito molestie sessuale ed è morta, dopo essere stata ferita con alcune coltellate, per un fendente sferrato alla gola. Nessuno, a questo punto, può dire se Rudy Guede abbia fatto tutto da solo o se invece qualcuno l’abbia aiutato a immobilizz­are la ragazza inglese e le abbia poi inferto il colpo fatale.

È certamente uno degli aspetti più controvers­i. L’arma del delitto viene individuat­a dai pubblici ministeri in un coltello sequestrat­o nella cucina a casa di Raffaele Sollecito. Le indagini genetiche trovano tracce del Dna di Amanda sulla lama e questo convince l’accusa che la giovane americana l’abbia usato per uccidere la sua coinquilin­a. Motivando la sentenza di condanna i giudici fiorentini scrivono però che

I tempi e i fatti Otto anni non sono bastati a chiarire molti aspetti dell’omicidio: restano dubbi e misteri

I primi a parlare di «gioco erotico degenerato» come movente del delitto furono i pubblici ministeri, confortati dai diversi giudici che avevano confermato le tesi dell’accusa. L’ipotesi nata dalla certezza che Rudy avesse avuto un rapporto sessuale con Meredith — come dimostrato dall’autopsia — non era però supportata da ulteriori elementi e

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