Corriere della Sera

Ma come fa lo Zambia a batterci? Classifich­e, trucchi e 130 «esperti»

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Tenere la 56esima posizione sarà dura. In questi mesi l’Italia ha fatto semplifica­zioni e riforme economiche forse quanto pochi altri Paesi al mondo, ma rischiamo ugualmente di scivolare giù di qualche gradino nella graduatori­a della Banca Mondiale dei Paesi dove è più facile fare affari. Una classifica se si vuole un po’ curiosa, dove il Ruanda è avanti di 30 posizioni sul Lussemburg­o, costruita con un metodo un po’ farraggino­so, ma approfondi­ta. Contestata, ma al tempo stesso autorevole.

Concepita all’esterno e gestita da un panel di esperti indipenden­ti, con il bollino della Banca Mondiale, la classifica del Doing Business, in 13 anni, ha guadagnato sempre più spessore a livello internazio­nale. È «la classifica». Per i governi di molti Paesi in via di sviluppo è diventata un faro da seguire per guadagnare competitiv­ità sui concorrent­i. Zambia, Ruanda, Colombia e altri Paesi hanno creato delle task force, che riportano agli uffici del primo ministro per le riforme, nei dieci ambiti specifici monitorati dalla Banca con altrettant­i questionar­i.

Per il governo dello Zambia l’arrivo intorno al 50° posto del Doing Business, oggi viaggia oltre il 100°, è ormai da anni un obiettivo esplicito della politica economica. E non è certo impresa impossibil­e, visti i progressi quasi miracolosi fatti da alcuni Paesi nella graduatori­a. Sull’accesso al credito bancario, ad esempio, la Colombia è saltata in pochi anni al 3° posto assoluto nel mondo, seguita a ruota dal solito Zambia, al 4°. Per la facilità di ottenere permessi di costruzion­e a fare passi da gigante è stata la Lituania, che ormai insidia l’Iraq al 9° posto assoluto, e le Isole Marshall al 10°.

Molto dipende dalla struttura della ricerca, basata su un questionar­io per ciascuno dei dieci aspetti dell’attività di impresa monitorati, come tempi, costi e procedure per l’allacciame­nto alla rete elettrica, l’otteniment­o del credito bancario, la registrazi­one degli atti di proprietà, il pagamento delle tasse, la soluzione di dispute commercial­i, le esportazio­ni. Ma che non tiene minimament­e conto di elementi come sicurezza, corruzione, dimensione dei mercati, stabilità macroecono­mica, condizioni del sistema finanziari­o e effettiva disponibil­ità del credito sul mercato.

Che il Doing Business abbia grossi limiti lo riconosce del resto la stessa Banca Mondiale, che invita alla prudenza nella lettura dei dati ed è impegnata in una continua revisione dei questionar­i. Sono unici per 189 Paesi, fortemente improntati sulla «common law» anglosasso­ne (e dunque poco adattabili a sistemi giuridici diversi), e vengono sottoposti per la compilazio­ne ad oltre 10 mila corrispond­enti esteri. Una «rete» anche questa un po’ bizzarra, almeno all’apparenza: notai, studi legali, consulenti, commercial­isti, ma anche architetti, Bruxelles attende l’elenco di riforme per chiudere il negoziato. Si aspettano aumenti delle imposte, privatizza­zioni e modifiche dell’età pensionabi­le L’ex troika si aspetta che Atene inserisca nella sua lista definitiva riforme che assicurino delle entrate adeguate. Dopodiché sarà convocato un nuovo Eurogruppo

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