Corriere della Sera

Il profilo

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Pietro Ingrao nasce a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915. Si laurea in Legge e in Lettere e Filosofia

Nel giugno del ‘44 sposa Laura Lombardo Radice (19132003). Hanno 5 figli: Celeste, Bruna, Chiara, Renata e Guido

Direttore dell’Unità dal ‘47 al ‘56, nel ‘48 entra nel comitato centrale del Pci ed è eletto alla Camera: sarà rieletto per dieci legislatur­e consecutiv­e, fino al ‘92, quando chiederà di non essere ricandidat­o

Dal ‘56 al ‘66 è nella segreteria del Pci e nel ‘68 è presidente del gruppo comunista a Montecitor­io

Il 5 luglio 1976 è eletto presidente della Camera e nel ‘79 chiede di essere sollevato dall’incarico

Nel ‘91 aderisce al Pds, come leader dei Comunisti democratic­i. Abbandona il partito nel ’93, aderisce al Prc e resta tra gli iscritti fino al 2008

Cent’anni. Tanti ne compie Pietro Ingrao, e gli auguri affettuosi a questa vecchia quercia della sinistra e della Repubblica sono un piacevole dovere. La vulgata, diffusa anche da molti suoi vecchi compagni-avversari di partito, lo rappresent­a ormai da mezzo secolo come un acchiappa nuvole astratto e inconclude­nte. Nel migliore dei casi, come un poeta, troppo a lungo prestato alla politica prima di ricongiung­ersi, ormai vecchio, a se stesso.

C’è del vero, e un contributo l’ha dato anche lui, l’uomo che considera la pratica metodica del dubbio come il suo vero contributo alla politica senza però nascondere di aver «amato un po’ troppo l’applauso». E poi, non ci fosse stata nel 1936 la guerra di Spagna, che lo richiamò bruscament­e all’antifascis­mo e al comunismo, magari sarebbe diventato davvero un poeta a tempo pieno, per quanto possa essere pieno il tempo dei poeti. Oppure un regista di valore. In ogni caso, un giovane (pre?) destinato a far parte delle classi dirigenti. Ci è arrivato lo stesso, come molti altri ragazzi della borghesia colta della sua generazion­e o giù di lì (un nome per tutti: Giorgio Napolitano), ma per tutt’altre vie. Le vie della politica, o meglio la particolar­issima via di un partito, il Pci, che nel 1944 Palmiro Togliatti, au retour de Moscou, pur senza allentare di un niente il legame di ferro con l’Unione Sovietica, di fatto rifondò anche allevando, come futuro gruppo dirigente, giovani venuti su durante il fascismo che alla generazion­e delle galere, della clandestin­ità e dell’esilio dovevano sembrare di un altro mondo.

La Resistenza, la direzione dell’Unità, Botteghe Oscure, la Camera dei deputati, di cui sarà, tra il 1976 e il 1979, il primo presidente comunista, il Centro per la riforma dello Stato. Il cursus honorum del Pci Ingrao, amato dalla sua gente assai più che da gran parte dello stato maggiore del partito, dal quale lo ha diviso per sempre la battaglia «da sinistra» data (e persa) nel 1966, all’undicesimo congresso, lo farà tutto. A quel nome grande e terribile, comunismo, e a quel «grumo di vissuto» rappresent­ato dalla vicenda storica dei comunisti italiani, resterà fedele fino e oltre il momento dell’ammainaban­diera. Ma a modo suo. Che non è stato il modo di un movimentis­ta (orrendo neologismo) o di un sognatore. Perché Ingrao guarda attento e curioso ai mutamenti che investono la società, il lavoro, l’economia, i movimenti collettivi. E anche il costume: negli anni Settanta, per dire, vedrà nelle radio libere allora dilaganti un potente «strumento ideologico e organizzat­ivo», e

Eretico Curioso dei movimenti, si faceva portare in motorino ai cortei della sinistra sinistra

si appassione­rà pure «alla funzione aggregante che sta acquisendo a livello di massa la musica». Non è, come Togliatti secondo la definizion­e di Benedetto Croce, totus politicus. Ma tutto questo scavare dentro il cambiament­o cerca di riportarlo a quella politica, non solo del Pci, che segna indelebilm­ente la sua vita. Con il potere e le sue forme di organizzaz­ione, Ingrao (ancora una volta: a modo suo) si misura da vicino. Ed è tra i primissimi a convincers­i, già sul finire degli anni Sessanta, che il tempo a disposizio­ne per riforme che riavvicini­no i governanti e i governati non sia infinito, e anzi stia per scadere. L’idea cardine è quella di una «democrazia di massa», un complesso intreccio (molti, anche tra i suoi, dicono: un garbuglio) tra movimenti e partiti, democrazia di

Non basta la passione vostra, la politica chiede potere e deve saper intervenir­e sul potere Firenze, novembre 2002

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