Corriere della Sera

«Io, medico con il velo, così concilio Islam e libertà» Maryam Matar, prima donna sottosegre­tario a Dubai: «Con gli uomini non dobbiamo per forza lottare»

- Maria Serena Natale msnatale@corriere.it

Figlia di immigrati cinesi (il padre professore di matematica), forte di tre lauree ottenute in università Ivy League (ingegneria a Princeton, giurisprud­enza e poi business a Harvard), Pao è stata assunta nel 2005 da Kleiner Perkins come capo dello staff di John Doerr, il socio più noto, ma poi licenziata nel 2012. Lei sostiene di non essere mai diventata «senior partner» perché donna, di essere stata punita perché si era lamentata e di aver subìto frequenti discrimina­zioni: esclusa da incontri con imprendito­ri nel fine settimana, da cene di lavoro (una delle quali con Al Gore perché «le donne uccidono l’atmosfera», come scrisse un socio via email), oggetto di regali inappropri­ati (un libro di poesie erotiche), fatta sedere in fondo

Nel suo contratto prematrimo­niale Maryam stabilì due condizioni: potersi dedicare senza limitazion­i agli studi e al lavoro. Ventisei pretendent­i rinunciaro­no alla sua mano, il ventisette­simo rimase. Oggi la dottoressa Maryam Matar è tra i medici più stimati dell’Emirato di Dubai, direttrice dell’Associazio­ne per le malattie genetiche, prima donna Sottosegre­tario di Stato per la Sanità.

Una giovane donna di potere alle prese con le contraddiz­ioni della Dubai dell’arte e dei grattaciel­i, oasi di contaminaz­ioni culturali e laboratori­o di una modernità che s’innesta su una struttura sociale tribale ancorata ai valori tradiziona­li dell’Islam. Un pugno di dune sabbiose dove si pescavano le perle sulla via per l’India, stravolto dalla corsa al lusso dopo le scoperte dei giacimenti petrolifer­i negli anni Sessanta e diventato crocevia delle rotte finanziari­e. In questo contesto la generazion­e di Maryam, classe ’75, è cresciuta tra nostalgie identitari­e e fughe in avanti in stile occidental­e, inseguendo il cambiament­o senza strappi.

Modulare femminilit­à ed emancipazi­one, cambiare senza perdersi è la sfida per le donne nel mondo arabo musulmano oggi, cosa significa viverla quotidiana­mente?

«È un mondo complesso e variegato, io sono stata fortunata a poter seguire la mia strada

Dottoressa Maryam Matar è nata nel 1975 a Dubai grazie all’apertura e al pluralismo di Dubai, una realtà molto diversa dall’Arabia Saudita o dall’Egitto. Sono cresciuta tra amici hindu, ebrei e cristiani, la forza del nostro Paese è la diversità. Ma esistono anche grandi resistenze, chi percorre il deserto a dorso di cammello non passerà all’auto dall’oggi al domani. Rispettare le tradizioni è un modo per rispettare se stessi. Per una donna avere coscienza di sé significa saper dominare il proprio fascino e la forza che la femminilit­à può avere anche nelle sedi decisional­i. Toccando le note giuste, una voce morbida può dirigere l’intera sinfonia».

La libertà sta quindi nel valorizzar­e, non nell’azzerare, le differenze.

« Le racconto una storia. Quando la maggiore delle mie sorelle ebbe la prima mestruazio­ne, nostra madre ci portò in un negozio di gioielli. Ci fece guardare quelli in vetrina, poi chiese che ci venissero mostrate le pietre più preziose. Il proprietar­io andò nel retro e tornò con uno scrigno di zaffiri, diamanti e rubini, infinitame­nte più belli di quelli esposti. La sera a cena baba (papà) ci spiegò che da quel momento nostra sorella diventava uno splendido gioiello, da coprire con il velo come il rubino nello scrigno. Dopo il matrimonio sarebbe stato suo marito a decidere se continuare a coprirla. Ci sentimmo fiere di essere donne».

Ma il corpo consegnato dal padre al marito viene sottratto al libero arbitrio della donna e diventa spazio politico...

«Non sta a me dire cosa sia giusto e cosa sbagliato, ma il rapporto tra uomo e donna non dev’essere necessaria­mente mosso dal conflitto e dalla competizio­ne, piuttosto improntato alla complement­arietà e al rispetto di ruoli che si rafforzano a vicenda. All’inizio del mio percorso visitai la regione di Ras Al Khaima per una campagna di screening. Era difficile convincere le donne a farsi visitare e capii che prima dovevo conquistar­e la fiducia del capo tribù. La ottenni spiegandog­li con semplicità le questioni mediche ma anche mostrandog­li rispetto con il mio abbigliame­nto tradiziona­le. Alla fine mi autorizzò a visitare sia le donne che gli uomini». Strategia o convinzion­e? «Entrambe. Troppo spesso ci sentiamo vittime di sistemi che potremmo cambiare dall’interno con la conoscenza. Gli Emirati sono la prima nazione araba per parità di genere. A questo si arriva investendo sull’istruzione delle ragazze, e dei ragazzi. Gentiluomi­ni si diventa».

Differenze «Per una donna avere coscienza di sé significa dominare la forza della femminilit­à»

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