Un Parco, tre gestori: il caso dello Stelvio diviso
La proposta di spartirlo fra Trento, Bolzano e Lombardia. Giulia Maria Crespi: «Gigantesco passo indietro»
Un parco, tre responsabili. E un appello al presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Non ratifichi quell’accordo».
Gli ambientalisti sono sul piede di guerra. Mercoledì una speciale «Commissione dei dodici» (composta da rappresentanti di Stato e Province autonome) ha approvato all’unanimità la proposta di norma di attuazione che prevede il trasferimento delle competenze del Parco nazionale dello Stelvio alle due Province di Trento e di Bolzano e alla Regione Lombardia, cioè i territori su cui si estende. Ora la palla passa al governo per l’adozione del decreto legislativo e al capo dello Stato per l’emanazione.
«L’accordo mette finalmente in capo alle Province autonome le competenze di una porzione del nostro territorio che erano nelle mani dello Stato centrale, costituendo un’anomalia rispetto alle prerogative di Trento e Bolzano», spiega il senatore Franco Panizza, uno dei componenti della commissione. «Si apre una nuova stagione che valorizzerà il ruolo e l’autonomia dei territori», dice Ugo Rossi, presidente della Provincia autonoma di Trento.
Ragionamenti che non piacciono alle associazioni ambientaliste. Anzi. «È inaccettabile Gianmaria sta proprio nel cuore del mestiere e cioè l’inventiva grafica, la creatività nell’accostare ori a gemme e nel forgiare coppe d’argento dalle forme ardite.
È l’unicità di quelle gioie un giorno a fargli arrivare un cortese invito da Sirikit, regina di Thailandia, ai tempi per fascino l’equivalente odierno di Rania di Giordania.
«Il vero simbolo — ricordava con piacere Buccellati — della grazia orientale. Mi ricevette al palazzo con una gentilezza incredibile e parlava un francese da parigina. Non si limitò a esprimere il suo interesse per i nostri gioielli ma mi fece un sacco di domande sull’Italia, l’arte, l’eleganza, il clima».
Chiaro che quando nel 1965, muore il fondatore Mario è dividere in tre parti separate il parco», dice Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai (Fondo ambiente italiano). «Ci chiediamo quale sia il senso di un’operazione che rappresenta un gigantesco passo indietro per la tutela della natura e del paesaggio in una delle aree più preziose delle Alpi». «Se non resta unitaria la gestione, vuol dire che siamo arrivati al capolinea del parco nazionale — continua Crespi —. Questo è il motivo per cui il premier Renzi non deve ratificare l’accordo: sarebbe una scelta senza precedenti in Europa ed è lontana dalle vere necessità dei cittadini».
«Se lo smembramento dovesse andare in porto faremo ricorso affinché questo “spezzatino” A 19 anni il papà gli affidò la direzione del negozio di Milano e nel 1979 aprì la sua boutique a Parigi non possa continuare a chiamarsi Parco nazionale», aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente.
Istituito 80 anni fa, il Parco nazionale dello Stelvio è tra i più antichi d’Europa e il più esteso dell’arco alpino. Il 30 settembre 2009 un accordo tra Stato italiano e Province autonome di Trento e Bolzano stabilì il passaggio della sua gestione agli enti locali interessati. Un anno dopo arrivò la ratifica del Parlamento. Ma nel marzo 2011 l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, decise di non firmare il decreto legge. Fino ad arrivare, mercoledì, al voto della «Commissione dei dodici».
Le critiche Le associazioni ambientaliste chiedono al premier Renzi di non firmare l’accordo