Le pensioni dei giovani? Il 40% in meno Guida ai fondi
Quasi quattro anni di lavoro in più rispetto a oggi: e una coperta decisamente più corta che, in alcuni casi, arriverà a un terzo dell’ultimo stipendio. È il futuro pensionistico di un venticinquenne millennial (nato fra il 1980 e il 2000), a confronto con quello di un cinquantenne baby boomer, figlio del boom demografico che ha accompagnato la crescita economica degli anni Sessanta. È un quadro preoccupante, che emerge dalle simulazioni realizzate dalla società di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale Progetica e presentate su «Corriere Economia» domani in edicola con il «Corriere della Sera». Un giovane che oggi entra nel mondo del lavoro potrà andare in pensione dai 69 anni e tre mesi addirittura ai 73 anni e sei mesi, nell’ipotesi che la vita
La gara Il colosso di Zurigo l’ha spuntata nella competizione con i gruppi coreani e cinesi
media si allunghi molto. A seconda degli scenari demografici, un cinquantenne potrà invece smettere dai 67 anni e due mesi ai 68 e tre mesi. Rispetto a un ultimo reddito di 3 mila euro netti, nell’ipotesi peggiore il venticinquenne avrà un vitalizio di 1.002 euro contro i 1.627 del cinquantenne (-38%). Il tasso di copertura rispetto all’ultima retribuzione scenderà bruscamente dal 54 al 33 per cento. Correre ai ripari è fondamentale per evitare di diventare in futuro un pensionato povero. Come? Le simulazioni di Progetica mostrano che i giovani di oggi hanno molte leve su cui contare per costruire una «pensione di scorta»: dal Tfr, nel caso dei dipendenti, alla previdenza integrativa (da iniziare appena possibile) al riscatto degli anni di laurea. L’importante è pensarci per tempo.
Ieri Edizione, presieduta da Gilberto Benetton ( insieme alla controllata Schema34, ha sottoscritto un accordo vincolante con la svizzera Dufry per cedere entro settembre la maggioranza detenuta da Schema34 in Wdf per 1,3 miliardi. Dufry dovrà poi lanciare l’Opa