L’esempio della Orpheus Chamber Orchestra, a Bologna il 15 aprile, che ha scelto di non avere un direttore Quando la musica insegna all’impresa come si prendono decisioni di gruppo
Cercasi leader disperatamente. Cercasi qualcuno capace di condurre, di indirizzare, di catalizzare le energie sociali del gruppo, possibilmente senza mortificare le motivazioni e le aspirazioni dei collaboratori. Ricerca molto difficile e spesso senza speranza. Difficile trovare il leader «vero», quello che possiede quel quid (ricordate Alfano?), che sia il dono di grazia che riesce ad energizzare la propria squadra. Difficile in politica come nel business, nella classe dirigente come nello sport. E, in assenza di lui (o di lei), ecco sempre più leaderini vanitosi e inconcludenti, capi e padroni, bulli e portavoce. Fenomeni di facciata, piuttosto che di sostanza, frutti della personalizzazione e della spettacolarizzazione della nostra società. D’altra parte la scienza politica che ha scoperto tra Otto e Novecento con i teorici delle élite (Mosca, Pareto, Michels, Weber) la leadership Rodzinski che guidava negli anni Quaranta la New York Philarmonic con un revolver nella tasca interna del frac. Anche i più democratici sacerdoti della conduzione musicale (come Von Karajan, Kleiber, Prêtre, Muti, ecc.) non sono scevri di episodi in cui si narra di musicisti sottomessi al loro ego spropositato. E anche il contemporaneo processo decisionale con cui la forse più reputata orchestra musicale, quella dei Berliner Philarmoniker, sta ricercando il nuovo direttore che l’11 maggio sostituirà Simon Rattle (che dopo 16 anni andrà alla London Symphony Orchestra) somiglia ad una specie di conclave pontificio per eleggere un «re», che avrà indiscusso potere su tutti i suoi subordinati.
Orpheus Chamber Orchestra è invece un caso assai deviante. Fondata nel 1972, i circa 30 componenti si autogestiscono, si scambiano i ruoli di governo e discutono insieme le più piccole sfumature interpretative. Si esibiscono nella newyorkese Carnegie Hall (quella celebre per il detto un po’ arrogante (1916). Sotto: Arturo Toscanini (1867-1957), il direttore d’orchestra autorevole per eccellenza. Alla Scala dal 1898, si adoperò per riformare il modo di rappresentare l’opera. Andò in esilio negli Stati Uniti durante il fascismo «Se non hai suonato qui, non ce l’hai fatta») e tengono circa 70 concerti l’anno in tutto il mondo, dal barocco alla musica contemporanea. Una produzione di tutto rispetto: più di 70 dischi e due Grammy come riconoscimento della qualità. Il direttore, il podio e la bacchetta non ci sono. Ma ci sono 8 princìpi che indirizzano la loro gestione collaborativa.
Orpheus Chamber Orchestra è un marchio registrato che contribuisce in misura rilevante al fatturato del gruppo. Seconda voce del conto economico sono i seminari di management che fanno nelle aziende private e nelle università (Harvard e Stanford), dove descrivono le loro pratiche di democrazia, di team building, di risoluzione dei conflitti, di processo decisionale (il dialogo, la presenza, il confronto e — caso raro — il voto per alzata di mano). La soddisfazione dei collaboratori dell’Orpheus Chamber Orchestra non è solo un astratto valore ecumenico e filosofico. Questo certamente c’è, ma si accompagna ad un ambiente di
L’ensemble artistica organizza seminari di management in aziende e atenei
lavoro migliore, che rende l’istituzione più produttiva e più innovativa («la varietà cognitiva paga in creatività») e alla fine consente di raggiungere un pubblico più vasto, con risultati concreti di box office più elevato.
Ovviamente il modello solleva le critiche dai rivali più scettici: l’orchestra senza direttore sarebbe una furba idea di posizionamento di marketing. Nel mare magnum dell’offerta musicale, questa caratteristica aumenterebbe la curiosità del pubblico e pertanto la domanda specifica. Probabilmente ciò è anche vero, ma intanto gli artisti della Orpheus Chamber Orchestra si divertono e hanno raggiunto un livello di empowerment non frequente nell’ambiente musicale. Soglia motivazionale e di «ingaggio» che consente una forte efficienza e un alto spirito imprenditoriale (in un momento di disorientamento delle grandi etichette musicali, l’orchestra ha affiancato registrazione, produzione e commercializzazione di dischi in proprio).
Un caso dunque di leadership distribuita, più attenta anche alle diversità di genere e al decentramento dei processi, in un mondo dove ormai le persone vogliono essere più protagoniste e meno disponibili a farsi governare da formule troppo monolitiche e a volte dispotiche. Un caso da osservare attentamente e da valutare con grande apprendimento, anche al di fuori del contesto prettamente artistico e musicale.